Presentazione
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Corte di giustizia

SENTENZA DELLA CORTE
(Prima Sezione)

14 giugno 2007

«Libera circolazione delle merci – Direttiva 93/42/CEE – Acquisto da parte di un ospedale di dispositivi medici muniti di marcatura CE – Misure di salvaguardia – Appalto pubblico di forniture – Appalto che non raggiunge la soglia di applicazione della direttiva 93/36/CEE – Principio di parità di trattamento e obbligo di trasparenza»

Nel procedimento C-6/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia) con decisione 17 novembre 2004, pervenuta in cancelleria il 5 gennaio 2005, nella causa

Medipac-Kazantzidis AE

contro

Venizeleio-Pananeio (PE.S.Y. KRITIS),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. K. Lenaerts, E. Juhász (relatore), K. Schiemann e M. Ileši?, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 22 giugno 2006,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Medipac-Kazantzidis AE, dal sig. K. Giannakopoulos, dikigoros;

– per il Venizeleio-Pananeio (PE.S.Y. KRITIS), dal sig. V. Chasouraki-Damanaki, dikigoros, e dal sig. M. Ntourountakis, direttore;

– per il governo ellenico, dal sig. S. Spyropoulos nonché dalle sig.re Z. Chatzipavlou e D. Tsagkaraki, in qualità di agenti;

– per il governo austriaco, dal sig. M. Fruhmann, in qualità di agente;

– per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra M. Patakia e dal sig. X. Lewis, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 novembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU L 199, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1997, 97/52/CE (GU L 328, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 93/36»), e della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici (GU L 169, pag. 1), come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882 (GU L 284, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 93/42»).

2 La domanda è stata presentata dal Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato greco) nell’ambito di una controversia tra la società Medipac-Kazantzidis AE (in prosieguo: la «Medipac») e l’Ospedale generale di Eraklion, il Venizeleio?Pananeio (PE.S.Y. KRITIS) (in prosieguo: il «Venizeleio?Pananeio»), in merito ad una gara d’appalto bandita da quest’ultimo e a cui aveva partecipato la detta società.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3 L’art. 5, n. 1, della direttiva 93/36 così dispone:

«a) I titoli II, III e IV e gli articoli 6 e 7 si applicano agli appalti pubblici di forniture:

– aggiudicati dalle amministrazioni di cui all’articolo 1, lettera b), (…) nel caso in cui il loro valore stimato, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), sia pari o superiore al controvalore in [euro] di 200 000 diritti speciali di prelievo (DSP);

(…)

b) La presente direttiva si applica agli appalti pubblici di forniture il cui valore stimato, al momento della pubblicazione del bando di cui all’articolo 9, paragrafo 2, sia pari o superiore alla soglia rispettivamente prevista.

(…)

d) Le soglie di cui alla lettera a) e i loro controvalori espressi in [euro] e nelle varie monete nazionali sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee periodicamente, all’inizio del mese di novembre successivo alla revisione di cui alla lettera c), primo comma».

4 Il controvalore delle soglie previste dalle direttive sugli appalti pubblici applicabile a partire dal 1° gennaio 2002 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 27 novembre 2001 (GU C 332, pag. 21). Dalla tabella contenuta nel punto 1 di tale documento risulta che il valore di DSP 200 000 equivale a EUR 249 681.

5 Il terzo, quinto, ottavo, tredicesimo, diciassettesimo e ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 93/42 così recitano:

«considerando che occorre armonizzare le disposizioni nazionali in materia di sicurezza e protezione della salute dei pazienti, degli utilizzatori ed eventualmente dei terzi nell’uso dei dispositivi medici in modo da garantire la libera circolazione dei dispositivi stessi nel mercato interno;

(…)

considerando che i dispositivi medici devono garantire ai pazienti, agli utilizzatori e ai terzi un elevato livello di protezione e devono fornire le prestazioni previste dal fabbricante; che di conseguenza il mantenimento e il miglioramento del livello di protezione già raggiunto negli Stati membri costituisce un obiettivo essenziale della presente direttiva;

(…)

considerando che, in conformità dei principi fissati nella risoluzione del Consiglio, del 7 maggio 1985, relativa ad una nuova strategia in materia di armonizzazione tecnica e normalizzazione (…), le norme che disciplinano l’elaborazione e la fabbricazione dei dispositivi medici si devono limitare alle disposizioni necessarie a soddisfare i requisiti essenziali; che tali requisiti, proprio perché essenziali, devono sostituire le corrispondenti disposizioni nazionali; che i requisiti essenziali devono essere applicati con discernimento per tener conto del livello tecnologico esistente nel momento della progettazione e per tener conto altresì delle esigenze tecniche ed economiche, compatibili con un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza;

(…)

considerando che ai fini della presente direttiva una norma armonizzata è una specifica tecnica (norma europea o documento di armonizzazione) adottata, su mandato della Commissione, [dal CEN (comitato europeo di normalizzazione) o dal Cenelec (comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica )] o da entrambi i due organismi, in conformità della direttiva 83/189/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (…), nonché a norma degli orientamenti generali [di cooperazione tra la Commissione e detti organismi, firmati il 13 novembre 1984]; che, per determinati settori specifici, l’esperienza già acquisita con le monografie della Farmacopea europea va inserita nel quadro della presente direttiva; che pertanto diverse monografie della Farmacopea europea possono essere assimilate alle summenzionate norme armonizzate;

(…)

considerando che, in linea generale, i dispositivi medici devono essere corredati della marcatura CE che ne dimostra la conformità alla presente direttiva e che consente loro in tal modo di circolare liberamente nella Comunità e di essere messi in funzione secondo l’uso al quale sono destinati;

(…)

considerando che la protezione della salute e i relativi controlli possono risultare più efficaci mediante sistemi di vigilanza per i dispositivi medici integrati a livello comunitario».

6 Secondo l’art. 1, n. 1, della direttiva 93/42, quest’ultima di applica ai dispositivi medici e ai relativi accessori. Ai fini di tale direttiva gli accessori sono considerati dispositivi medici a pieno titolo.

7 Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 93/42, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le disposizioni necessarie affinché i dispositivi possano essere immessi in commercio e/o messi in servizio unicamente qualora rispondano ai requisiti prescritti da tale direttiva, siano correttamente forniti e installati, siano oggetto di un’adeguata manutenzione e siano utilizzati in conformità della loro destinazione.

8 In forza dell’art. 3 della medesima direttiva, i dispositivi medici devono soddisfare i requisiti essenziali prescritti nell’allegato I in considerazione della loro destinazione.

9 L’art. 4, n. 1, della direttiva 93/42 vieta agli Stati membri di impedire nel proprio territorio l’immissione in commercio e la messa in servizio dei dispositivi medici recanti la marcatura CE di cui all’art. 17 della medesima direttiva, che dimostra che essi hanno formato oggetto del procedimento di valutazione della conformità ai sensi dell’art. 11 di essa.

10 In forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva 93/42, gli Stati membri presumono conformi ai requisiti essenziali di cui all’art. 3 i dispositivi medici che soddisfano le norme nazionali corrispondenti, adottate in applicazione delle norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

11 Il n. 2 del summenzionato art. 5 precisa che, ai fini della direttiva 93/42, il rinvio alle norme armonizzate comprende anche le monografie della Farmacopea europea relative in particolare alle suture chirurgiche, i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

12 L’art. 5, n. 3, della direttiva 93/42 rinvia all’art. 6, n. 2, della medesima per quanto riguarda la procedura che gli Stati membri devono seguire qualora constatino che le norme armonizzate non soddisfano completamente ai requisiti essenziali di cui all’art. 3 della medesima direttiva.

13 L’art. 8 della direttiva in parola, intitolato «Clausole di salvaguardia», è formulato nel modo seguente:

«1. Qualsiasi Stato membro, qualora constati che un dispositivo di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, secondo trattino, installato ed utilizzato correttamente secondo la sua destinazione e oggetto di manutenzione regolare, può compromettere la salute e/o la sicurezza dei pazienti, degli utilizzatori o eventualmente di terzi, prende le misure provvisorie necessarie per ritirare tale dispositivo dal mercato, vietarne o ridurne l’immissione in commercio o la messa in servizio. Lo Stato membro comunica immediatamente tali misure alla Commissione, indicando i motivi della sua decisione e in particolare se la non conformità alla presente direttiva derivi:

a) dal mancato rispetto dei requisiti essenziali di cui all’articolo 3;

b) da una scorretta applicazione delle norme di cui all’articolo 5, sempreché sia prevista l’applicazione di dette norme;

c) da una lacuna nelle norme stesse.

2. La Commissione procede nel minor tempo possibile a consultazioni con le parti interessate. Se dopo tali consultazioni essa ritiene:

– che il provvedimento è giustificato, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso la misura e gli altri Stati membri. Qualora la decisione di cui al paragrafo 1 sia motivata da carenze esistenti nelle norme, la Commissione, dopo aver consultato le parti interessate, adisce il comitato di cui all’articolo 6, entro un termine di 2 mesi, se lo Stato membro che ha adottato il provvedimento intende mantenerlo in vigore, ed avvia la procedura prevista all’articolo 6;

– che il provvedimento è ingiustificato, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso la misura nonché il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella Comunità.

3. Se un dispositivo non conforme è munito della marcatura CE, lo Stato membro competente adotta nei confronti di chi abbia apposto il marchio al dispositivo le misure del caso e ne informa la Commissione e gli altri Stati membri.

4. La Commissione provvede affinché gli Stati membri siano informati dello svolgimento e dei risultati di questo procedimento».

14 L’art. 10 della direttiva 93/42 prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché i dati loro comunicati secondo il disposto della presente direttiva e riguardanti gli incidenti di seguito elencati che hanno coinvolto un dispositivo appartenente ad una delle classi I, II a, II b o III siano classificati e valutati a livello centrale:

a) qualsiasi disfunzione o deterioramento delle caratteristiche e/o delle prestazioni nonché qualsiasi carenza nell’etichettatura o nelle istruzioni per l’uso di un dispositivo che possano causare o abbiano causato la morte o un grave peggioramento dello stato di salute del paziente o di un utilizzatore;

b) qualsiasi motivo di ordine tecnico o sanitario connesso alle caratteristiche o alle prestazioni di un dispositivo per i motivi di cui alla lettera a), che abbia causato il ritiro sistematico dal mercato da parte del fabbricante dei dispositivi appartenenti allo stesso tipo.

2. Se prescrivono ai medici o agli organismi sanitari di comunicare gli incidenti contemplati al paragrafo 1 alle autorità competenti, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il fabbricante del dispositivo in questione oppure il suo mandatario stabilito nella Comunità ne sia informato.

3. Dopo aver valutato la situazione, se possibile insieme al fabbricante, gli Stati membri, fatto salvo l’articolo 8, informano immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri sugli incidenti di cui al paragrafo 1 per i quali sono state prese o sono previste disposizioni specifiche».

15 L’art. 11 della direttiva 93/42 disciplina la procedura di valutazione della conformità dei dispositivi medici ai requisiti di tale direttiva. A tal fine, come stabilisce il suo quindicesimo ‘considerando’, i dispositivi medici sono suddivisi in quattro classi di prodotti e i controlli cui essi sono assoggettati sono progressivamente più rigorosi in funzione della vulnerabilità del corpo umano e in considerazione dei rischi potenziali connessi con l’elaborazione tecnologica dei dispositivi e con la loro fabbricazione.

16 L’art. 14 ter della summenzionata direttiva così recita:

«Se, in relazione ad un dato prodotto o gruppo di prodotti, uno Stato membro ritiene che, per garantire la protezione della salute e della sicurezza e/o per assicurare il rispetto delle esigenze di sanità pubblica ai sensi dell’articolo 36 del Trattato, la disponibilità di detti prodotti debba essere vietata, limitata o sottoposta a condizioni particolari, esso può prendere le misure transitorie necessarie e giustificate. Esso ne informa in tal caso la Commissione e gli altri Stati membri, indicando le ragioni della sua decisione. La Commissione consulta, quando possibile, le parti interessate e gli Stati membri e, se le misure nazionali sono giustificate, adotta le necessarie misure comunitarie secondo la procedura di cui all’articolo 7, paragrafo 2».

17 In forza dell’art. 17, n. 1, della direttiva 93/42, i dispositivi medici, ad esclusione di quelli su misura e di quelli destinati ad indagini cliniche, che soddisfano i requisiti essenziali previsti all’art. 3 della medesima direttiva, devono recare al momento dell’immissione in commercio una marcatura di conformità CE.

18 Ai sensi dell’art. 18 della direttiva in esame:

«Fatto salvo l’articolo 8:

a) ogni constatazione, da parte di uno Stato membro, di indebita marcatura CE, comporta per il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella Comunità l’obbligo di far cessare l’infrazione alle condizioni fissate dallo Stato membro;

b) qualora l’infrazione si protragga, lo Stato membro deve adottare tutte le misure atte a limitare o vietare l’immissione in commercio del prodotto in questione o a garantirne il ritiro dal commercio, secondo la procedura prevista all’articolo 8.

(…)».

19 L’allegato I della direttiva 93/42, intitolato «Requisiti essenziali», nella sua parte I, dal titolo «Requisiti generali», enuncia quanto segue:

«1. I dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo che la loro utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la sicurezza dei pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori ed eventualmente di terzi quando siano utilizzati alle condizioni e per i fini previsti, fermo restando che gli eventuali rischi debbono essere di livello accettabile, tenuto conto del beneficio apportato al paziente, e compatibili con un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza.

2. Le soluzioni adottate dal fabbricante per la progettazione e la costruzione dei dispositivi devono attenersi a principi di rispetto della sicurezza, tenendo conto dello stato di progresso tecnologico generalmente riconosciuto.

Per la scelta delle soluzioni più opportune il fabbricante deve applicare i seguenti principi, nell’ordine indicato:

– eliminare o ridurre i rischi nella misura del possibile (integrazione della sicurezza nella progettazione e nella costruzione del dispositivo);

– se del caso adottare le opportune misure di protezione nei confronti dei rischi che non possono essere eliminati eventualmente mediante segnali di allarme;

– informare gli utilizzatori dei rischi residui dovuti a un qualsiasi difetto delle misure di protezione adottate.

3. I dispositivi devono fornire le prestazioni loro assegnate dal fabbricante ed essere progettati, fabbricati e condizionati in modo tale da poter espletare una o più delle funzioni di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), quali specificate dal fabbricante.

(…)».

La normativa nazionale

20 Il decreto interministeriale 19 agosto 1994, n. DY7/oik.2480, recante armonizzazione della normativa ellenica alla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici (FEK B’ 679), ha trasposto tale direttiva nell’ordinamento giuridico greco.

Causa principale e questioni pregiudiziali

21 Con bando di gara n. 146/2003, in data 8 dicembre 2003, il Venizeleio-Pananeio bandiva una gara pubblica di appalto per l’aggiudicazione, sulla base del criterio del prezzo più basso, di un appalto per la fornitura di diversi materiali di sutura chirurgica dell’importo di EUR 131 500 (IVA inclusa). Il bando specificava che tali materiali dovevano essere certificati conformi alla Farmacopea europea e recare la marcatura CE.

22 La Medipac era una delle nove società che hanno presentato un’offerta. I materiali che la Medipac intendeva fornire presentavano la detta marcatura.

23 Il 17 marzo 2004 il comitato incaricato di esaminare gli appalti emetteva una raccomandazione diretta al consiglio di amministrazione del Venizeleio-Pananeio che accoglieva la richiesta dei chirurghi di tale ospedale di escludere i materiali di sutura chirurgica del tipo PGA proposti dalla Medipac. Secondo tale raccomandazione, era stato constatato che i nodi effettuati con materiali del tipo PGA si scioglievano con facilità e si chiudevano troppo presto, che gli aghi si piegavano o si spezzavano frequentemente e che le caratteristiche di tenuta delle suture non erano soddisfacenti.

24 Con decisione 24 marzo 2004, n. 108, il consiglio di amministrazione del Venizeleio-Pananeio dichiarava che i materiali di sutura chirurgica di tipo PGA proposti dalla Medipac non rispettavano le specifiche tecniche dell’appalto e respingeva l’offerta di tale società.

25 Il 5 aprile 2004 la Medipac presentava all’amministrazione del Venizeleio?Pananeio un reclamo contro tale decisione di rigetto. In tale reclamo essa affermava, in particolare, che le specifiche tecniche su cui si fondava il rigetto della sua offerta non erano incluse nel capitolato d’oneri del bando di gara, erano confuse e persino incomprensibili, non consentivano una valutazione corretta dei requisiti relativi ai materiali da fornire e non corrispondevano alle caratteristiche tecniche che la direttiva 93/42 prescriveva per questo tipo di materiali. La Medipac sosteneva anche che i materiali da essa proposti, che sono conformi ai requisiti della Farmacopea europea, non presentavano e non potevano presentare gli inconvenienti tecnici lamentati dal detto ospedale. Quest’ultimo respingeva tale reclamo con una prima decisione in data 7 aprile 2004, che è stata successivamente revocata e sostituita da una seconda decisione adottata il 28 aprile 2004.

26 Il Symvoulio tis Epikrateias è investito di un ricorso contro tale decisione di rigetto. Nel suo ricorso la Medipac deduce gli stessi motivi che aveva esposto nel suo reclamo.

27 In tali circostanze, il Symvoulio tis Epikrateias ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se, in caso di gare d’appalto disciplinate dalla direttiva 93/36/CEE, per la fornitura di dispositivi medici (…), che si svolgano secondo il sistema dell’offerta più bassa, l’autorità aggiudicatrice, nella veste di acquirente dei beni in questione, abbia la facoltà, ai sensi delle disposizioni della summenzionata direttiva 93/42/CEE, interpretata, in particolare, in combinato con le disposizioni della direttiva del Consiglio 93/36/CEE, di respingere un’offerta di dispositivi medici che rechino la marcatura CE e che abbiano costituito oggetto di un controllo di qualità da parte del competente organo di certificazione, in quanto inammissibili nella fase della valutazione tecnica, invocando obiezioni sostanziali sulla loro idoneità qualitativa collegate alla tutela della salute e all’uso particolare a cui tali dispositivi sono destinati, in considerazione delle quali sono giudicati inidonei e non adatti a tale uso (sulla base del presupposto evidente che tali obiezioni, in caso di contestazione, siano soggette al controllo del giudice competente sotto il profilo della loro fondatezza).

2) In caso di risposta affermativa alla precedente questione, se l’autorità aggiudicatrice, nella veste di acquirente dei beni in questione, abbia la facoltà di considerare direttamente, per le ragioni precedentemente indicate, inidonei al tipo di uso a cui sono destinati dispositivi medici che recano la marcatura CE oppure se occorra che siano previamente applicate le clausole di salvaguardia contenute nella direttiva 93/42/CEE e nel decreto interministeriale DY7/oik.2480/1994 (…), che attribuiscono all’autorità nazionale competente – che in Grecia è costituita dal Ministero della Salute, della Previdenza e Assistenza sociale attraverso la Direzione della Tecnologia biomedica – la facoltà di adottare provvedimenti in base alla procedura di cui all’art. 8 della direttiva, nel caso in cui i dispositivi medici correttamente installati e usati possano rappresentare un pericolo per la vita o la sicurezza dei pazienti o degli utilizzatori, o ai sensi dell’art. 18 della medesima, quando si constati che la marcatura CE è stata apposta indebitamente.

3) Se, in considerazione della risposta data alla seconda questione, e qualora essa sia risolta nel senso che occorre prima applicare le summenzionate clausole di salvaguardia, l’autorità aggiudicatrice sia tenuta ad aspettare il risultato del procedimento avviato in base all’art. 8 o all’art. 18 della direttiva 93/42/CEE e inoltre sia vincolata dal risultato di esso, nel senso che essa sia tenuta a ricevere in appalto il bene di cui si tratta, nonostante sia provato che il suo uso fa sorgere pericoli per la salute e, in generale, che esso è inadatto all’uso a cui l’autorità aggiudicatrice lo destina».

Sulla ricevibilità della domanda pregiudiziale

Argomenti del governo austriaco

28 Il governo austriaco è dell’opinione che la soluzione delle questioni sollevate non possa essere d’ausilio al giudice del rinvio nel decidere la controversia e, di conseguenza, chiede che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia dichiarata irricevibile. Da un lato, tali questioni riguarderebbero espressamente l’interpretazione della direttiva 93/36, mentre la gara di appalto di cui alla causa principale non rientrerebbe nell’ambito di applicazione di tale direttiva, poiché l’importo dell’appalto per cui era stata bandita la gara sarebbe inferiore alla soglia d’applicazione prevista all’art. 5 della medesima direttiva.

29 Dall’altro lato, la domanda di pronuncia pregiudiziale non conterrebbe le informazioni necessarie a permettere alla Corte di risolvere le questioni sollevate in modo utile ai fini della prosecuzione della causa principale. A tale proposito, il governo austriaco afferma che la summenzionata domanda non precisa se i materiali di sutura chirurgica di cui trattasi siano realmente considerati pericolosi per la salute umana o se essi non corrispondano, per qualità, alle aspettative dei chirurghi consultati, precisazione che sarebbe decisiva per valutare i diritti e gli obblighi dell’autorità aggiudicatrice.

Giudizio della Corte

30 In primo luogo, per quanto riguarda l’applicabilità della direttiva 93/36, è pacifico che essa si applichi esclusivamente agli appalti il cui valore sia uguale o superiore alla soglia prevista all’art. 5, n. 1, di questa stessa direttiva (v., in tal senso, ordinanza 3 dicembre 2001, causa C?59/00, Vestergaard, Racc. pag. I-9505, punto 19). Orbene, dal fascicolo risulta che il valore dell’appalto di cui alla causa principale ammonta a EUR 131 500 (IVA compresa), importo che è inferiore alla soglia di applicazione prevista da tale direttiva.

31 Pertanto, la Corte, in applicazione dell’art. 104, n. 5, del suo regolamento di procedura, ha chiesto per iscritto chiarimenti al giudice del rinvio circa i motivi per cui riteneva che la direttiva 93/36 fosse applicabile a tale appalto. Il detto giudice ha comunicato che, per ragioni di ordine procedurale, non era in grado di rispondere alla domanda. Di conseguenza, la Corte ha deciso di tenere un’udienza nel corso della quale il governo ellenico ha confermato che il valore di tale appalto era inferiore alla soglia di applicazione della detta direttiva e ha sostenuto che essa non era applicabile alla controversia di cui alla causa principale. Quindi, occorre constatare che giustamente il governo austriaco sostiene che, in tali circostanze, l’interpretazione della direttiva 93/36 non avrebbe incidenza sulla soluzione di tale controversia.

32 Tuttavia, una risposta utile alle questioni poste dal giudice del rinvio richiede l’esame di taluni principi generali applicabili agli appalti pubblici.

33 Occorre, infatti, rilevare che il Venizeleio-Pananeio è definito dal giudice del rinvio come «autorità aggiudicatrice». Tale definizione è confermata anche dal governo ellenico, che ha dichiarato, nel corso dell’udienza, che tale ospedale è un ente di diritto pubblico assimilato allo Stato. Orbene, secondo costante giurisprudenza, anche se il valore di un appalto che è oggetto di una gara non raggiunge la soglia di applicazione delle direttive con cui il legislatore comunitario ha disciplinato il settore degli appalti pubblici e l’appalto di cui trattasi non rientra quindi nell’ambito di applicazione di esse, le autorità aggiudicatrici che stipulano un appalto sono cionondimeno tenute a rispettare i principi generali del diritto comunitario, come il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne discende (v., in tal senso, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Telaustria e Telefonadress, Racc. pag. I-10745, punti 60 e 61; ordinanza Vestergaard, cit., punti 20 e 21; sentenze 21 luglio 2005, causa C-231/03, Coname, Racc. pag. I-?7287, punti 16 e 17, e 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I-8585, punti 46-48).

34 Vero è che nella domanda di decisione pregiudiziale tale giudice non si riferisce direttamente ai principi generali del diritto comunitario. Tuttavia, da giurisprudenza costante risulta che, per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto comunitario alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nella sua domanda (sentenze 20 marzo 1986, causa 35/85, Tissier, Racc. pag. 1207, punto 9; 27 marzo 1990, causa C-315/88, Bagli Pennacchiotti, Racc. pag. I-1323, punto 10; 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal, Racc. pag. I-8121, punto 39, nonché Telaustria e Telefonadress, cit., punto 59).

35 In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento del governo austriaco relativo all’insufficienza degli elementi relativi al contesto di fatto della causa principale, occorre rilevare che le informazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale sono state completate dalle osservazioni scritte presentate alla Corte. Inoltre, lo svolgimento di un’udienza ha permesso ai governi ellenico e austriaco, nonché alla Commissione, di presentare osservazioni supplementari. La Corte dispone quindi di elementi sufficienti per risolvere le questioni propostele.

36 In considerazione di quanto precede, occorre considerare la domanda di pronuncia pregiudiziale ricevibile e risolvere le questioni poste dal giudice del rinvio.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima e seconda questione

37 Con la sua prima e seconda questione, che sono strettamente collegate e devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, in forza dei principi generali del diritto comunitario applicabili agli appalti, l’autorità aggiudicatrice che ha bandito una gara per l’acquisto di dispositivi medici possa escludere direttamente un’offerta di prodotti che le venga sottoposta per motivi di tutela della sanità pubblica, qualora tali prodotti presentino la marcatura CE richiesta dal bando di gara, o se tale autorità sia tenuta a applicare previamente le clausole di salvaguardia previste dagli artt. 8 e 18 della direttiva 93/42.

Osservazioni presentate alla Corte

38 Per quanto riguarda la direttiva 93/42, la Medipac sottolinea che gli Stati membri non possono vietare, limitare o ostacolare la commercializzazione di dispositivi medici che siano conformi alle disposizioni di tale direttiva e che siano muniti della marcatura CE. Essa sostiene, come la Commissione, che dal combinato disposto degli artt. 3 e 17 della direttiva 93/42 risulta che i dispositivi medici muniti di tale marcatura rispondono a tutti i requisiti di conformità e di sicurezza che sono elencati all’allegato I di tale direttiva. Ne risulterebbe che essa introduce una presunzione di conformità dei prodotti muniti di marcatura CE che può essere confutata solo nel contesto della procedura di salvaguardia di cui ai suoi artt. 8-18.

39 Il Venizeleio-Pananeio e i governi ellenico e austriaco rilevano che la direttiva 93/42 è diretta a garantire che i dispositivi medici offrano un livello elevato di protezione ai pazienti, agli utilizzatori e ai terzi. Essi ne deducono che, nel caso in cui un’offerta di dispositivi medici certificati conformi a tale direttiva si rivelasse cionondimeno tecnicamente insufficiente, un’autorità aggiudicatrice sarebbe legittimata ad escludere direttamente tali dispositivi dalla procedura di acquisto. Tuttavia, il governo austriaco precisa che l’autorità aggiudicatrice è tenuta ad informare di tale esclusione l’organo nazionale competente, affinché quest’ultimo possa adottare i provvedimenti provvisori adeguati e avviare la procedura prevista all’art. 8 di tale direttiva.

40 Inoltre, il governo ellenico sostiene che la direttiva 93/42 stabilisce, in linea di principio, solo i requisiti minimi che un dispositivo medico deve soddisfare per poter usufruire della marcatura CE sul territorio comunitario. Il governo austriaco precisa che un’autorità aggiudicatrice è libera di imporre requisiti di qualità che vadano oltre il minimo richiesto a livello comunitario.

Risposta della Corte

41 Occorre, anzitutto, constatare che dal fascicolo non risulta che nella causa principale l’autorità aggiudicatrice abbia imposto requisiti speciali che eccedano il livello minimo richiesto dal diritto comunitario.

42 Dalle disposizioni menzionate ai punti 5-19 della presente sentenza risulta che la direttiva 93/42 armonizza i requisiti essenziali che devono soddisfare i dispositivi medici rientranti nel suo ambito di applicazione. Questi ultimi, una volta che siano conformi alle norme armonizzate e certificati seguendo le procedure previste da tale direttiva, devono presumersi conformi ai summenzionati requisiti essenziali e, di conseguenza, devono essere considerati adeguati all’uso cui sono destinati. Inoltre, tali dispositivi medici devono poter circolare liberamente in tutta la Comunità.

43 Da giurisprudenza costante discende che gli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie si impongono, in particolare, agli organi o enti che sono soggetti all’autorità o al controllo di una pubblica autorità o dello Stato (v., in tal senso, sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 49; 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo, Racc. pag. 1839, punti 30 e 31; 12 luglio 1990, causa C-188/89, Foster e a., Racc. pag. I-3313, punto 18, e ordinanza 26 maggio 2005, causa C-297/03, Sozialhilfeverband Rohrbach, Racc. pag. I-4305, punto 27). Di conseguenza, l’obbligo di presumere che i dispositivi medici conformi alle norme armonizzate e muniti della marcatura CE rispondano ai requisiti della direttiva 93/42 vale anche per il Venizeleio?Pananeio in quanto ente di diritto pubblico.

44 Tuttavia, occorre rilevare, come ha fatto l’avvocato generale al paragrafo 92 delle sue conclusioni, che la presunzione di conformità dei dispositivi medici può essere confutata. A tale riguardo, la direttiva 93/42 prevede l’attuazione di misure di salvaguardia nel caso in cui si constati che taluni dispositivi medici muniti della marcatura CE possono cionondimeno far sorgere rischi per i pazienti o gli utilizzatori.

45 L’art. 10 di tale direttiva prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie per garantire che i dati relativi agli incidenti accaduti dopo la commercializzazione di dispositivi medici e che possono costituire un pericolo per lo stato di salute di un paziente o di un utilizzatore siano classificati e valutati a livello centrale. Nel caso in cui, in seguito a tale valutazione, gli Stati membri adottino o intendano adottare misure, essi devono informarne immediatamente la Commissione.

46 L’art. 8, n. 1, della direttiva 93/42 obbliga gli Stati membri che hanno constatato rischi collegati a dispositivi medici certificati conformi a tale direttiva ad adottare qualsiasi misura provvisoria necessaria per ritirare tali dispositivi medici dal mercato e per vietarne o limitarne la commercializzazione o la messa in servizio. In tali condizioni, lo Stato membro interessato è tenuto, secondo la medesima disposizione, a notificare immediatamente alla Commissione le misure adottate, precisando, in particolare, le ragioni che le hanno determinate. Secondo l’art. 8, n. 2, della direttiva 93/42, la Commissione, a sua volta, è tenuta a verificare se tali misure provvisorie siano giustificate e, se così è, ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso l’iniziativa di tali misure e gli altri Stati membri.

47 Secondo l’art. 8, n. 3, della direttiva 93/42, qualora risulti che un dispositivo medico, benché munito della marcatura CE, non è però conforme ai requisiti essenziali che essa prevede, lo Stato membro interessato deve adottare tutte le misure del caso e informarne la Commissione e gli altri Stati membri. D’altronde, risulta dall’art. 18 della medesima direttiva che, se uno Stato membro constata l’apposizione indebita di tale marcatura, il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella Comunità ha l’obbligo di far cessare l’infrazione alle condizioni fissate dallo Stato membro.

48 Dal testo dell’art. 8, n. 1, della summenzionata direttiva risulta chiaramente che gli obblighi previsti da quest’ultima sono a carico dell’organo cui lo Stato membro abbia attribuito la competenza a constatare i rischi che i dispositivi conformi a tale direttiva possono cionondimeno comportare per la salute e/o la sicurezza pubblica e ad adottare eventualmente le misure di portata generale previste dal detto articolo che risultino necessarie al riguardo.

49 Poiché il Venizeleio-Pananeio manifestamente non è stato investito di tali competenze dallo Stato ellenico, esso non è legittimato ad adottare direttamente le misure di salvaguardia previste all’art. 8 della direttiva 93/42. Ne consegue che, dal momento che tale ospedale aveva dubbi sull’affidabilità tecnica dei materiali da sutura chirurgica proposti dalla Medipac, esso era tenuto – in forza dell’obbligo, esistente a suo carico in quanto ente di diritto pubblico, di contribuire alla corretta applicazione della direttiva 93/42 – a informarne l’organo nazionale competente affinché quest’ultimo potesse fare le sue verifiche e, eventualmente, applicare tali misure di salvaguardia. Orbene, dal fascicolo risulta che, nella causa principale, il Venizeleio-Pananeio ha effettivamente investito l’ente nazionale greco dei farmaci della questione dell’idoneità di tali materiali all’uso cui erano destinati e che quest’ultimo ha confermato la conformità di essi alle norme in vigore. Tuttavia, al detto ente la questione è stata sottoposta solo il 5 maggio 2004, cioè dopo che l’ospedale di cui trattasi aveva respinto l’offerta della Medipac. Di conseguenza, il Venizeleio-Pananeio ha esso stesso confutato la presunzione di conformità senza rispettare la procedura di salvaguardia istituita dalla direttiva summenzionata.

50 Orbene, non solo il testo dell’art. 8 della direttiva 93/42, ma anche la finalità del sistema di armonizzazione che essa ha introdotto, ostano a che un’autorità aggiudicatrice sia legittimata, al di fuori di tale procedura di salvaguardia, a rifiutare, per motivi di insufficienza tecnica, dispositivi medici certificati conformi ai requisiti essenziali previsti da tale direttiva.

51 Infatti, la direttiva 93/42, in quanto costituisce un provvedimento di armonizzazione adottato in applicazione dell’art. 100 A del Trattato CEE (divenuto art. 100 A del Trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE), è destinata a favorire la libera circolazione dei dispositivi medici certificati conformi a tale direttiva, al fine appunto di sostituire le diverse misure adottate negli Stati membri in tale settore e che possono costituire un ostacolo alla libera circolazione.

52 In tale contesto, la necessità di conciliare la libera circolazione dei dispositivi di cui trattasi con la protezione della salute dei pazienti implica che, in caso di comparsa di un rischio connesso a dispositivi certificati conformi alla direttiva 93/42, lo Stato membro interessato attui la procedura di salvaguardia prevista all’art. 8 di tale direttiva, senza che organi non autorizzati possano decidere direttamente e unilateralmente le misure da adottare in tale situazione.

53 Occorre aggiungere che, quando taluni prodotti proposti, ancorché muniti di una marcatura CE, fanno sorgere timori nell’autorità aggiudicatrice per quanto riguarda la salute o la sicurezza dei pazienti, il principio di parità di trattamento degli offerenti e l’obbligo di trasparenza, che valgono indipendentemente dall’applicabilità o meno della direttiva 93/36, ostano, al fine di evitare qualsiasi arbitrio, a che tale autorità aggiudicatrice possa, essa stessa, escludere direttamente l’offerta di cui trattasi e la obbligano ad assoggettarsi ad una procedura, come la procedura di salvaguardia prevista all’art. 8 della direttiva 93/42, idonea a garantire una valutazione e un controllo obiettivi e indipendenti dei rischi allegati.

54 Inoltre, tale principio e tale obbligo vietano all’autorità aggiudicatrice di respingere un’offerta che soddisfa ai requisiti del bando di gara sulla base di motivi non previsti in tale bando e che sono addotti successivamente alla presentazione dell’offerta.

55 In considerazione di quanto precede, occorre risolvere la prima e la seconda questione nel senso che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza ostano a che un’autorità aggiudicatrice che ha bandito una gara d’appalto per la fornitura di dispositivi medici, precisando che questi ultimi devono essere conformi alla farmacopea europea e muniti della marcatura CE, respinga, direttamente e senza avvalersi della procedura di salvaguardia prevista dagli artt. 8 e 18 della direttiva 93/42, per ragioni di tutela della salute, i materiali proposti quando essi rispettano tale requisito tecnico imposto. Se l’autorità aggiudicatrice ritiene che essi possano danneggiare la salute, deve informarne l’organo nazionale competente affinché venga avviata tale procedura di salvaguardia.

Sulla terza questione

56 Con la sua terza questione il giudice del rinvio interroga la Corte sul modo in cui le misure di salvaguardia previste dalla direttiva 93/42 devono essere attuate da un’autorità aggiudicatrice nell’ambito di una gara d’appalto in corso di svolgimento. In particolare, tale giudice chiede se la detta autorità debba attendere l’esito della procedura di salvaguardia e se sia vincolata dal risultato di tale procedura.

57 Come risulta dalla risposta data alla prima e alla seconda questione, un’autorità aggiudicatrice può respingere un’offerta di dispositivi medici muniti di marcatura CE per insufficienza tecnica esclusivamente nell’ambito della procedura di salvaguardia prevista dalla direttiva 93/42.

58 In particolare, la facoltà di un’autorità aggiudicatrice di respingere l’offerta di dispositivi medici muniti della marcatura CE per insufficienza tecnica è subordinata al risultato della procedura di salvaguardia, e cioè alla decisione della Commissione che dichiara, in conformità dell’art. 8, n. 2, di tale direttiva, che l’adozione di provvedimenti che vietano la messa in commercio o in servizio è giustificata.

59 Ne consegue che un’autorità aggiudicatrice, dopo aver deciso di adire l’organo nazionale competente, deve sospendere la procedura di aggiudicazione affinché venga avviata la procedura di salvaguardia prevista dalla direttiva 93/42 e attendere l’esito di quest’ultima procedura. La decisione della Commissione è vincolante per l’autorità aggiudicatrice. Se la procedura di salvaguardia dovesse rivelare che i materiali di cui trattasi non sono conformi ai requisiti di tale direttiva, i provvedimenti di portata generale adottati dallo Stato membro determinerebbero l’esclusione di tali prodotti dalla procedura di gara d’appalto sospesa.

60 La sospensione di una gara d’appalto per la fornitura di dispositivi medici può certamente determinare ritardi tali da creare problemi al funzionamento di un ospedale come il Venizeleio-Pananeio. Tuttavia, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 118 delle sue conclusioni e in conformità dell’art. 14 ter della direttiva 93/42, l’obiettivo di tutela della sanità pubblica costituisce un’esigenza imperativa di interesse generale, in forza della quale gli Stati membri possono derogare al principio di libera circolazione delle merci, purché i provvedimenti adottati rispettino il principio di proporzionalità (v. sentenze 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, detta «Cassis de Dijon», Racc. pag. 649, punto 8; 5 febbraio 2004, causa C-270/02, Commissione/Italia, Racc. pag. I-1559, punti 21 e 22, nonché 14 settembre 2006, cause riunite C-158/04 e C-159/04, Alfa Vita Vassilopoulos e Carrefour-Marinopoulos, Racc. pag I-8135, punti 20-23).

61 Di conseguenza, in un caso d’urgenza, un ospedale come il Venizeleio?Pananeio potrebbe legittimamente adottare tutti i provvedimenti provvisori che gli consentano di procurarsi i dispositivi medici necessari al suo funzionamento. Tuttavia, esso dovrà eventualmente provare l’esistenza di condizioni di urgenza tali da giustificare siffatta deroga al principio della libera circolazione delle merci e dimostrare la proporzionalità dei provvedimenti adottati.

62 In considerazione di quanto precede, occorre risolvere la terza questione nel senso che un’autorità aggiudicatrice che abbia adito l’organo nazionale competente affinché venga avviata la procedura di salvaguardia prevista agli artt. 8 e 18 della direttiva 93/42 con riferimento a dispositivi medici muniti di marcatura CE, è tenuta a sospendere la gara d’appalto fino alla conclusione di tale procedura di salvaguardia, essendo il risultato di quest’ultima vincolante per la detta autorità. Se l’attuazione della procedura di salvaguardia determina un ritardo tale da compromettere il funzionamento di un ospedale pubblico e, in tal modo, la salute, l’autorità aggiudicatrice può legittimamente adottare tutti i provvedimenti provvisori che le consentano, nel rispetto del principio di proporzionalità, di procurarsi i materiali indispensabili al buon funzionamento del detto ospedale.

Sulle spese

63 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1) Il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza ostano a che un’autorità aggiudicatrice che ha bandito una gara d’appalto per la fornitura di dispositivi medici, precisando che questi ultimi devono essere conformi alla farmacopea europea e muniti della marcatura CE, per ragioni di tutela della salute respinga, direttamente e senza avvalersi della procedura di salvaguardia prevista dagli artt. 8 e 18 della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, i materiali proposti quando essi rispettano tale requisito tecnico imposto. Se l’autorità aggiudicatrice ritiene che essi possano danneggiare la salute, deve informarne l’organo nazionale competente affinché venga avviata la detta procedura di salvaguardia.

2) Un’autorità aggiudicatrice che abbia adito l’organo nazionale competente affinché venga avviata la procedura di salvaguardia prevista agli artt. 8 e 18 della direttiva 93/42, come modificata dal regolamento n. 1882/2003, con riferimento a dispositivi medici muniti di marcatura CE, è tenuta a sospendere la gara l’appalto fino alla conclusione di tale procedura di salvaguardia, essendo il risultato di quest’ultima vincolante nei confronti della detta autorità. Se l’attuazione della procedura di salvaguardia determina un ritardo tale da compromettere il funzionamento di un ospedale pubblico e, in tal modo, la salute, l’autorità aggiudicatrice può legittimamente adottare tutti i provvedimenti provvisori che le consentano, nel rispetto del principio di proporzionalità, di procurarsi i materiali indispensabili al buon funzionamento del detto ospedale.

 

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a cura di prof. Gian Antonio Benacchio e dott. Michele Cozzio