Presentazione
sei in Giurisprudenza / Comunitaria / Corte di giustizia
Corte di giustizia

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

19 marzo 2009

«Inadempimento di uno Stato – Direttive 93/36/CEE e 93/42/CEE – Appalti pubblici – Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture – Forniture per gli ospedali»

Nella causa C-489/06,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 27 novembre 2006,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra M. Patakia e dal sig. X. Lewis, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica ellenica, rappresentata dalle sig.re D. Tsagkaraki e S. Chala, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. T. von Danwitz, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász (relatore) e G. Arestis, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. R. Grass

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 novembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica ellenica, avendo respinto le offerte di dispositivi medici recanti la marcatura di conformità CE senza che, in ogni caso, le competenti autorità aggiudicatrici degli ospedali ellenici si siano conformate alla procedura descritta nella direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici (GU L 169, pag. 1), come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882 (GU L 284, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 93/42»), è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza dell’art. 8, n. 2, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU L 199, pag. 1), come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE (GU L 285, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 93/36»), nonché degli artt 17 e 18 della direttiva 93/42.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

2 L’art. 8, nn. 1-4, della direttiva 93/36 prevede quanto segue:

«1. Le specifiche tecniche di cui all’allegato III sono contenute nei documenti generali o nei documenti contrattuali relativi ad ogni contratto.

2. Fatte salve le norme tecniche nazionali obbligatorie, sempreché esse siano compatibili con il diritto comunitario, le specifiche tecniche di cui al paragrafo 1 sono definite dalle amministrazioni facendo riferimento a norme nazionali che recepiscano norme europee o a omologazioni tecniche europee oppure a specifiche tecniche comuni.

3. L’amministrazione può derogare al paragrafo 2 qualora:

a) tali norme, omologazioni tecniche europee o specifiche tecniche comuni non includano disposizioni volte all’accertamento della conformità, ovvero non esistano mezzi tecnici per accertare in modo soddisfacente la conformità di un prodotto a tali norme, omologazioni tecniche europee o specifiche tecniche comuni;

b) l’applicazione del paragrafo 2 pregiudichi l’applicazione della direttiva 86/361/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, concernente la prima fase del reciproco riconoscimento dell’omologazione delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni [(GU L 217, pag. 21),] o della decisione 87/95/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa alla normalizzazione nel settore delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni [(GU 1987, L 36, pag. 31)], ovvero di altri atti comunitari in specifici settori relativi a servizi o a prodotti;

c) l’applicazione di tali norme, omologazioni tecniche europee o specifiche tecniche comuni obblighi l’amministrazione ad acquisire forniture incompatibili con le apparecchiature già in uso ovvero comporti costi sproporzionati o difficoltà tecniche sproporzionate, ma soltanto nell’ambito di una strategia chiaramente definita e stabilita per iscritto in vista del passaggio, entro un determinato periodo, a norme europee, omologazioni tecniche europee o specifiche tecniche comuni;

d) il progetto in questione abbia natura realmente innovativa che renda inappropriato il ricorso a norme europee, omologazioni tecniche europee o specifiche tecniche comuni già esistenti.

4. Le amministrazioni che si avvalgono del paragrafo 3 specificano, ogniqualvolta ciò sia possibile, i motivi nel bando di gara pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee oppure nei capitolati d’oneri, ed in ogni caso indicano i motivi nella propria documentazione interna e li comunicano, su richiesta, agli Stati membri ed alla Commissione».

3 L’allegato III alla direttiva 93/36, intitolato «Definizione di alcune specifiche tecniche», prevede quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

1. Specifiche tecniche: l’insieme delle prescrizioni tecniche figuranti tra l’altro nei capitolati d’oneri che definiscono le caratteristiche richieste di un prodotto, di un materiale o di una fornitura e che permettono di caratterizzare oggettivamente un prodotto, un materiale o una fornitura in modo che essi rispondano all’uso a cui sono destinati dall’amministrazione aggiudicatrice. Tali caratteristiche comprendono i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni; comprese le prescrizioni applicabili ad un prodotto, a un materiale o a una fornitura per quanto riguarda il sistema di garanzia della qualità, la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l’imballaggio, la marchiatura e l’etichettatura (…);

2. norma: la specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto a attività normativa per applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza non è, in linea di massima, obbligatoria;

3. norma europea: una norma approvata dal Comitato europeo di normalizzazione (CEN) o dal Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC) come Norme europee (EN) o Documenti di armonizzazione (HD) conformemente alle regole comuni di tali organismi;

4. omologazione tecnica europea: la valutazione tecnica favorevole alla idoneità all’impiego di un prodotto, fondata sulla corrispondenza ai requisiti essenziali per la costruzione, per quanto concerne le caratteristiche intrinseche del prodotto e le condizioni fissate per la sua messa in opera e la sua utilizzazione. L’omologazione tecnica europea è rilasciata dall’organismo riconosciuto a tale scopo dello Stato membro;

5. prescrizione tecnica comune: la prescrizione tecnica elaborata secondo una procedura riconosciuta dagli Stati membri al fine di assicurare l’applicazione uniforme in tutti gli Stati membri e pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee».

4 Il terzo, il quinto, l’ottavo, il tredicesimo, il diciassettesimo e il ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 93/42 prevedono quanto segue:

«Considerando che occorre armonizzare le disposizioni nazionali in materia di sicurezza e protezione della salute dei pazienti, degli utilizzatori ed eventualmente dei terzi nell’uso dei dispositivi medici in modo da garantire la libera circolazione dei dispositivi stessi nel mercato interno;

(...)

considerando che i dispositivi medici devono garantire ai pazienti, agli utilizzatori e ai terzi un elevato livello di protezione e devono fornire le prestazioni previste dal fabbricante; che di conseguenza il mantenimento e il miglioramento del livello di protezione già raggiunto negli Stati membri costituisce un obiettivo essenziale della presente direttiva;

(...)

considerando che, in conformità dei principi fissati nella risoluzione del Consiglio, del 7 maggio 1985, relativa ad una nuova strategia in materia di armonizzazione tecnica e normalizzazione [(GU C 136, pag. 1)], le norme che disciplinano l’elaborazione e la fabbricazione dei dispositivi medici si devono limitare alle disposizioni necessarie a soddisfare i requisiti essenziali; che tali requisiti, proprio perché essenziali, devono sostituire le corrispondenti disposizioni nazionali; che i requisiti essenziali devono essere applicati con discernimento per tener conto del livello tecnologico esistente nel momento della progettazione e per tener conto altresì delle esigenze tecniche ed economiche, compatibili con un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza;

(...)

considerando che ai fini della presente direttiva una norma armonizzata è una specifica tecnica (norma europea o documento di armonizzazione) adottata, su mandato della Commissione, dall’uno o l’altro o da entrambi i due organismi [CEN o CENELEC], in conformità della direttiva 83/189/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche [(GU L 109, pag. 8)], nonché a norma degli orientamenti generali summenzionati [di cooperazione tra la Commissione e tali due organismi, firmati il 13 novembre 1984]; (…) che, per determinati settori specifici, l’esperienza già acquisita con le monografie della Farmacopea europea va inserita nel quadro della presente direttiva; che pertanto diverse monografie della Farmacopea europea possono essere assimilate alle summenzionate norme armonizzate;

(...)

considerando che, in linea generale, i dispositivi medici devono essere corredati della marcatura CE che ne dimostra la conformità alla presente direttiva e che consente loro in tal modo di circolare liberamente nella Comunità e di essere messi in funzione secondo l’uso al quale sono destinati;

(...)

considerando che la protezione della salute e i relativi controlli possono risultare più efficaci mediante sistemi di vigilanza per i dispositivi medici integrati a livello comunitario».

5 Ai sensi del suo art. 1, n. 1, la direttiva 93/42 si applica ai dispositivi medici e ai relativi accessori. Ai fini della stessa direttiva, gli accessori sono considerati dispositivi medici a pieno titolo.

6 Conformemente all’art. 2 della direttiva 93/42, gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i dispositivi medici possano essere immessi in commercio e/o messi in servizio unicamente se soddisfano i requisiti previsti dalla stessa direttiva, qualora siano stati opportunamente forniti e siano correttamente installati, formino oggetto di un’adeguata manutenzione e siano utilizzati secondo la loro destinazione.

7 In forza dell’art. 3 di detta direttiva, i dispositivi medici devono soddisfare i requisiti essenziali prescritti nell’allegato I della direttiva medesima che sono ad essi applicabili in considerazione della loro destinazione.

8 L’art. 4, n. 1, della direttiva 93/42 vieta agli Stati membri di impedire nel proprio territorio l’immissione in commercio e la messa in servizio dei dispositivi medici recanti la marcatura CE di cui all’art. 17 della direttiva stessa, che dimostra che essi hanno formato oggetto di una valutazione della loro conformità ai sensi dell’art. 11 della direttiva medesima.

9 In forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva 93/42, gli Stati membri presumono conformi ai requisiti essenziali di cui all’art. 3 della direttiva stessa i dispositivi medici che soddisfano le norme nazionali corrispondenti, adottate in applicazione delle norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

10 Il n. 2 di detto art. 5 precisa che, ai fini della direttiva 93/42, il rinvio alle norme armonizzate comprende anche le monografie della Farmacopea europea relative, in particolare, alle suture chirurgiche i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

11 L’art. 5, n. 3, rinvia all’art. 6, n. 2, della direttiva stessa, riguardo alle misure che incombono agli Stati membri qualora uno Stato membro o la Commissione ritenga che le norme armonizzate non soddisfino completamente i requisiti essenziali di cui all’art. 3 della direttiva medesima.

12 L’art. 8 di tale direttiva, intitolato «Clausola di salvaguardia», è redatto come segue:

«1. Qualsiasi Stato membro, qualora constati che un dispositivo di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, secondo trattino, installato ed utilizzato correttamente secondo la sua destinazione e oggetto di manutenzione regolare, può compromettere la salute e/o la sicurezza dei pazienti, degli utilizzatori o eventualmente di terzi, prende le misure provvisorie necessarie per ritirare tale dispositivo dal mercato, vietarne o ridurne l’immissione in commercio o la messa in servizio. Lo Stato membro comunica immediatamente tali misure alla Commissione, indicando i motivi della sua decisione e in particolare se la non conformità alla presente direttiva derivi:

a) dal mancato rispetto dei requisiti essenziali di cui all’articolo 3;

b) da una scorretta applicazione delle norme di cui all’articolo 5, sempreché sia prevista l’applicazione di dette norme;

c) da una lacuna nelle norme stesse.

2. La Commissione procede nel minor tempo possibile a consultazioni con le parti interessate. Se dopo tali consultazioni essa ritiene:

– che il provvedimento è giustificato, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso la misura e gli altri Stati membri. Qualora la decisione di cui al paragrafo 1 sia motivata da carenze esistenti nelle norme, la Commissione, dopo aver consultato le parti interessate, adisce il comitato di cui all’articolo 6, entro un termine di 2 mesi, se lo Stato membro che ha adottato il provvedimento intende mantenerlo in vigore, ed avvia la procedura prevista all’articolo 6;

– che il provvedimento è ingiustificato, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso la misura nonché il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella Comunità.

3. Se un dispositivo non conforme è munito della marcatura CE, lo Stato membro competente adotta nei confronti di chi abbia apposto il marchio al dispositivo le misure del caso e ne informa la Commissione e gli altri Stati membri.

4. La Commissione provvede affinché gli Stati membri siano informati dello svolgimento e dei risultati di questo procedimento».

13 L’art. 10 della direttiva 93/42 prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché i dati loro comunicati secondo il disposto della presente direttiva e riguardanti gli incidenti di seguito elencati che hanno coinvolto un dispositivo appartenente ad una delle classi I, IIa, IIb o III siano classificati e valutati a livello centrale:

a) qualsiasi disfunzione o deterioramento delle caratteristiche e/o delle prestazioni nonché qualsiasi carenza nell’etichettatura o nelle istruzioni per l’uso di un dispositivo che possano causare o abbiano causato la morte o un grave peggioramento dello stato di salute del paziente o di un utilizzatore;

b) qualsiasi motivo di ordine tecnico o sanitario connesso alle caratteristiche o alle prestazioni di un dispositivo per i motivi di cui alla lettera a), che abbia causato il ritiro sistematico dal mercato da parte del fabbricante dei dispositivi appartenenti allo stesso tipo.

2. Se prescrivono ai medici o agli organismi sanitari di comunicare gli incidenti contemplati al paragrafo 1 alle autorità competenti, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il fabbricante del dispositivo in questione oppure il suo mandatario stabilito nella Comunità ne sia informato.

3. Dopo aver valutato la situazione, se possibile insieme al fabbricante, gli Stati membri, fatto salvo l’articolo 8, informano immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri sugli incidenti di cui al paragrafo 1 per i quali sono state prese o sono previste disposizioni specifiche».

14 L’art. 11 della direttiva 93/42 disciplina il procedimento di valutazione della conformità dei dispositivi medici con le prescrizioni di detta direttiva. A tal fine, come prevede il suo quindicesimo ‘considerando’, i dispositivi medici sono suddivisi in quattro classi di prodotti e i controlli cui sono assoggettati sono più stretti, progressivamente, in funzione della vulnerabilità del corpo umano e tenendo conto dei rischi potenziali connessi con l’elaborazione tecnologica di detti dispositivi nonché con la loro fabbricazione.

15 L’art. 14 ter di detta direttiva prevede che, se, in relazione ad un dato prodotto o gruppo di prodotti, uno Stato membro ritiene che, per garantire la protezione della salute e della sicurezza e/o per assicurare il rispetto delle esigenze di sanità pubblica ai sensi dell’art. 30 CE, la disponibilità di detti prodotti debba essere vietata, limitata o sottoposta a condizioni particolari, esso può prendere le misure transitorie necessarie e giustificate. Esso ne informa in tal caso la Commissione e gli altri Stati membri, indicando le ragioni della sua decisione. La Commissione consulta, quando possibile, le parti interessate e gli Stati membri e, se le misure nazionali sono giustificate, adotta le necessarie misure comunitarie secondo la procedura di cui all’art. 7, n. 2.

16 In forza dell’art. 17, n. 1, della direttiva 93/42, i dispositivi medici, ad esclusione di quelli su misura e di quelli destinati ad indagini cliniche che soddisfano i requisiti essenziali previsti all’art. 3, devono recare al momento dell’immissione in commercio una marcatura di conformità CE.

17 A termini dell’art. 18 di detta direttiva:

«Fatto salvo l’articolo 8:

a) ogni constatazione, da parte di uno Stato membro, di indebita marcatura CE, comporta per il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella Comunità l’obbligo di far cessare l’infrazione alle condizioni fissate dallo Stato membro;

b) qualora l’infrazione si protragga, lo Stato membro deve adottare tutte le misure atte a limitare o vietare l’immissione in commercio del prodotto in questione o a garantirne il ritiro dal commercio, secondo la procedura prevista all’articolo 8.

(…)».

18 L’allegato I a detta direttiva, intitolato «Requisiti essenziali», nella sua parte I, dal titolo «Requisiti generali», enuncia quanto segue:

«1. I dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo che la loro utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la sicurezza dei pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori ed eventualmente di terzi quando siano utilizzati alle condizioni e per i fini previsti, fermo restando che gli eventuali rischi debbono essere di livello accettabile, tenuto conto del beneficio apportato al paziente, e compatibili con un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza.

2. Le soluzioni adottate dal fabbricante per la progettazione e la costruzione dei dispositivi devono attenersi a principi di rispetto della sicurezza, tenendo conto dello stato di progresso tecnologico generalmente riconosciuto.

Per la scelta delle soluzioni più opportune il fabbricante deve applicare i seguenti principi, nell’ordine indicato:

– eliminare o ridurre i rischi nella misura del possibile (integrazione della sicurezza nella progettazione e nella costruzione del dispositivo);

– se del caso adottare le opportune misure di protezione nei confronti dei rischi che non possono essere eliminati eventualmente mediante segnali di allarme;

– informare gli utilizzatori dei rischi residui dovuti a un qualsiasi difetto delle misure di protezione adottate.

3. I dispositivi devono fornire le prestazioni loro assegnate dal fabbricante ed essere progettati, fabbricati e condizionati in modo tale da poter espletare una o più delle funzioni di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), quali specificate dal fabbricante.

(…)».

La normativa nazionale

19 La direttiva 93/36 è stata trasposta nel sistema giuridico ellenico, in particolare, con il decreto presidenziale 14 giugno 1993, n. 370 (FEK A’ 199/1995). L’art. 16 di detto decreto presidenziale riprende, in termini sostanzialmente identici, l’art. 8 della direttiva 93/36.

20 Il decreto interministeriale 19 agosto 1994, DY7/oik.2480, recante armonizzazione della normativa ellenica con la direttiva 93/42 (...) (FEK B’ 679), ha trasposto tale direttiva nell’ordinamento giuridico ellenico. Inoltre, l’Ethnikos Organismos Farmakon (Ente nazionale per i medicinali) è stato qualificato come autorità competente in materia di dispositivi medici in forza dell’art. 19, n. 3, della legge n. 2889/2001.

Fase precontenziosa

21 La Commissione riceveva una denuncia secondo la quale alcuni ospedali in Grecia, che avevano proceduto all’organizzazione di bandi di gara ai fini del conseguimento di dispositivi medici, avevano violato gli obblighi che discendono dalla direttiva 93/36, in combinato disposto con la direttiva 93/42.

22 Secondo tale denuncia, alcuni ospedali ellenici hanno respinto offerte di dispositivi medici per motivi attinenti alla sanità pubblica, nonostante la certificazione di detti prodotti con marcatura CE e, in ogni caso, senza espletamento della procedura di garanzia prevista dalla direttiva 93/42.

23 In data 20 aprile 2004, nell’ambito dell’indagine relativa alla denuncia in oggetto, la Repubblica ellenica trasmetteva alla Commissione la circolare dell’Ethnikos Organismos Farmakon 2 aprile 2004, n. 19384 (in prosieguo: la «circolare n. 19384»), la quale riconosceva, da una parte, che taluni comitati competenti per la fornitura degli ospedali avevano respinto per ragioni di non conformità le offerte presentate da talune imprese relative a numerosi dispositivi medici muniti di marcatura CE, in assenza di previo esame da parte dell’ente medesimo, e osservava, d’altra parte, che in taluni casi la non conformità riguardava specifiche arbitrariamente fissate dagli ospedali. Detta circolare presentava inoltre un sollecito e talune precisazioni relativi alla tassativa procedura ex lege al cui rispetto i comitati erano vincolati.

24 Con lettera datata 8 novembre 2004, l’autore della denuncia forniva ulteriori elementi dai quali risultava che, malgrado la diffusione della circolare n. 19384, i comitati competenti di taluni ospedali, tra cui gli ospedali policlinici di Komotiní, di Missolungi, di Agios Nikolaos di Creta e di Candia, avrebbero continuato ad agire in violazione della disciplina vigente.

25 Alla luce di tali informazioni, la Commissione avviava nei confronti della Repubblica ellenica il procedimento per inadempimento previsto dall’art. 226 CE, inviando, in data 25 gennaio 2001, una lettera di diffida a tale Stato membro. Nella sua risposta, datata 24 maggio 2005, il detto Stato membro non contestava il fatto che taluni ospedali ellenici non agissero in senso conforme alla pertinente normativa comunitaria, limitandosi a sottolineare l’eccezionalità dei casi menzionati dalla Commissione che, a suo avviso, non costituivano una prova della sussistenza, in tale settore, di una violazione orizzontale della normativa comunitaria condotta su larga scala.

26 La Commissione, in data 19 dicembre 2005, emanava un parere motivato sottolineando che la Repubblica ellenica era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 8, n. 2, della direttiva 93/36, nonché degli artt. 17 e 18 della direttiva 93/42, riguardo all’attribuzione di contratti pubblici di forniture di dispositivi medici, invitando lo Stato membro medesimo a conformarsi a detto parere motivato entro il termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica.

27 Nella sua risposta del 9 febbraio 2006 a detto parere motivato, la Repubblica ellenica deduceva di aver adottato i provvedimenti necessari a garantire la corretta applicazione della normativa comunitaria e che i casi indicati in detto parere motivato costituivano mere eccezioni alla prassi generale. Oltre all’adozione della circolare n. 19384, essa menzionava anche un controllo sistematico di qualità delle forniture degli ospedali, svolto su richiesta di questi ultimi da parte dell’Ethnikos Organismos Farmakon. Detto Stato membro sottolineava il fatto che il rispetto delle istruzioni di tale ente da parte degli ospedali nazionali stava diventando sempre più sistematico.

28 Tuttavia, la Commissione veniva a conoscenza di nuove informazioni, secondo cui le violazioni di cui trattasi perduravano. Inoltre, dalle informazioni raccolte risultava che l’Ethnikos Organismos Farmakon non era competente né ad esercitare alcun controllo amministrativo sugli ospedali, né a disporre sanzione alcuna nei confronti dei medesimi, e che nessun altro ente previsto dall’ordinamento ellenico aveva esercitato poteri nel settore controverso sino a quel momento.

29 Ritenendo che la Repubblica ellenica non avesse adempiuto gli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto dell’art. 8, n. 2, della direttiva 93/36 nonché degli artt. 17 e 18 della direttiva 93/42, la Commissione ha introdotto il presente ricorso.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

30 La Commissione deduce che la direttiva 93/36 definisce un contesto preciso relativo alla definizione, da parte di ogni autorità aggiudicatrice, dei requisiti tecnici necessari ai quali sono assoggettati i prodotti inclusi in un’offerta. Ai sensi dell’art. 8, n. 2, della direttiva, il riferimento a norme nazionali che recepiscano norme europee o a omologazioni tecniche europee oppure a specifiche tecniche comuni sarebbe obbligatorio sia nel bando di gara, sia nel corso del procedimento di valutazione della conformità dei prodotti oggetto dell’offerta. La Commissione sottolinea il fatto che le deroghe al principio posto dall’art. 8, n. 2, sono elencate tassativamente nell’art. 8, n. 3.

31 La Commissione ribadisce che le gare indette dagli ospedali ellenici, conformemente all’art. 8, n. 2, della direttiva 93/36, menzionano il requisito di un’omologazione tecnica europea specifica dei prodotti sanitari, vale a dire la marcatura CE, prevista anche dalla direttiva 93/42. Tuttavia, le autorità aggiudicatrici avrebbero agito in modo da escludere le offerte di prodotti sanitari provvisti di marcatura CE, nonostante il fatto che l’esclusione su tale base non costituisca manifestamente una delle deroghe previste dall’art. 8, n. 3, della direttiva 93/36.

32 Per quanto riguarda la direttiva 93/42, la Commissione deduce che essa disciplina in modo così dettagliato i procedimenti di omologazione, di certificazione, di immissione in commercio, ma anche di controllo dei dispositivi medici, che non si può dubitare delle caratteristiche relative alla qualità certificate, né sussiste alcuna discrezionalità da parte delle autorità nazionali oltre l’ambito fissato dalle sue disposizioni.

33 La Commissione precisa che i requisiti essenziali di conformità e sicurezza che si applicano ai prodotti sanitari sono elencati nell’allegato I alla direttiva 93/42 e che i prodotti muniti di marcatura CE soddisfano tutti i detti requisiti. L’art. 3 di tale direttiva, in combinato disposto con l’art. 17 della direttiva medesima, definirebbe la base per il riconoscimento della marcatura di conformità dei prodotti in questione e, pertanto, per la loro libera circolazione nel mercato interno.

34 La Commissione ritiene possibile che determinati prodotti medici, pur disponendo della marcatura CE, siano considerati dai medici pericolosi per la salute e la sicurezza dei pazienti. In tali casi, tuttavia, la Commissione chiarisce che detti prodotti possono essere respinti dalle autorità aggiudicatrici, ma solo nel contesto del procedimento di salvaguardia previsto dalla direttiva 93/42 e descritto nella circolare n. 19384.

35 La Commissione sostiene che, invece di applicare il procedimento di salvaguardia, le autorità aggiudicatrici hanno agito in modo da respingere direttamente le offerte di prodotti medici muniti di marcatura CE. La Commissione rileva che, in un caso concernente l’ospedale policlinico di Candia, l’Ethnikos Organismos Farmakon è stato informato, ma il suo parere, secondo il quale i prodotti medici in questione dovevano essere ammessi, non è stato rispettato.

36 Orbene, secondo la Commissione, risulta da consolidata giurisprudenza che l’esistenza di una direttiva di ravvicinamento delle normative degli Stati membri, come le direttive 93/36 e 93/42, la quale precisa che la conformità dei prodotti inclusi nelle offerte con tutti i requisiti tecnici previsti dalla direttiva stessa debba essere obbligatoriamente certificata con la marcatura CE, fa sorgere l’obbligo degli Stati membri di rispettare i procedimenti speciali di detta direttiva concernenti la contestazione della validità dell’omologazione.

37 La Commissione sottolinea che, malgrado l’adozione della circolare n. 19384 e l’invio di un sollecito, relativo alla medesima, il 19 gennaio 2006, vale a dire due anni dopo, successivamente al parere motivato della Commissione, persiste la condotta irregolare delle autorità aggiudicatrici, nonché la carenza di controlli nei loro confronti da parte delle autorità elleniche. La Commissione sottolinea che i casi di cui essa è venuta a conoscenza costituiscono esempi indicativi di una prassi che appare diffusa negli ospedali ellenici. L’argomento della Repubblica ellenica, che si fonda sull’esistenza di procedimenti nazionali intesi alla sanzione di tutte le violazioni segnalate alle norme nel settore dei pubblici appalti, non potrebbe affatto giustificare l’inadempimento in oggetto.

38 La Repubblica ellenica deduce che gli ospedali, nella loro funzione di autorità aggiudicatrici, ottemperano alle pertinenti disposizioni di diritto comunitario e di diritto interno in materia di forniture. A suo avviso, il fatto che alcuni ospedali non abbiano agito conformemente alle disposizioni comunitarie pertinenti costituirebbe solo ed unicamente un’eccezione alla regola generale, dalla quale non potrebbe comunque dedursi l’esistenza di una violazione orizzontale della normativa comunitaria condotta su larga scala nella materia in esame.

39 La Repubblica ellenica fa inoltre presente che l’Ethnikos Organismos Farmakon ha emesso, tuttavia, la circolare n. 19384 nonché il relativo sollecito del 19 gennaio 2006, sul modo in cui occorre valutare i dispositivi medici ai fini della loro fornitura. Conseguentemente, essa avrebbe adottato le misure necessarie per garantire la fedele applicazione del diritto comunitario. Detto Stato membro chiarisce, inoltre, che la ragione per la quale non è stata ancora inflitta alcuna sanzione agli ospedali che non si adeguano alle disposizioni comunitarie pertinenti è costituita dal fatto che gli ispettori del Soma Epitheoriton Ypiresion Ygeias kai Pronoias (Servizio per la salute e la prevenzione) stanno ancora conducendo un’inchiesta su tale questione.

Giudizio della Corte

40 Secondo costante giurisprudenza, quando la Commissione si richiama a denunce circostanziate, dalle quali emergono ripetuti inadempimenti alle disposizioni di una direttiva, spetta allo Stato membro interessato contestare in modo concreto i fatti da cui traggono origine tali denunce (v., in tal senso, sentenze 22 settembre 1988, causa 272/86, Commissione/Grecia, Racc. pag. 4875, punto 19, e 26 aprile 2005, causa C-494/01, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I-3331, punto 46).

41 Orbene, nella fattispecie, la Repubblica ellenica non ha né presentato prove concrete al fine di contestare i fatti dedotti dalla Commissione né contestato in modo sostanziale e dettagliato le sue affermazioni. Detto Stato membro ha semplicemente riconosciuto, nel suo controricorso e nella circolare n. 19384, che alcuni istituti ospedalieri avevano agito in violazione delle pertinenti disposizioni comunitarie.

42 Conseguentemente, i fatti dedotti dalla Commissione devono essere ritenuti provati.

43 Secondo la giurisprudenza della Corte, le autorità aggiudicatrici che hanno bandito una gara d’appalto per la fornitura di dispositivi medici muniti di marcatura CE non possono respingere, per ragioni di tutela della sanità pubblica, l’offerta di tali prodotti direttamente e senza avvalersi della procedura di salvaguardia prevista dagli artt. 8 e 18 della direttiva 93/42. Se un’autorità aggiudicatrice ritiene che l’offerta di dispositivi medici muniti di marcatura CE possa danneggiare la sanità pubblica, deve informarne l’organo competente affinché venga avviata tale procedura di salvaguardia (sentenza 14 giugno 2007, causa C?6/05, Medipac-Kazantzidis, Racc. pag. I-4557, punto 55).

44 Occorre rilevare che la Repubblica ellenica non contesta nemmeno la violazione, da parte delle autorità aggiudicatrici degli ospedali ellenici chiamati in causa dalla Commissione, delle disposizioni previste dall’art. 8, n. 2, della direttiva 93/36, nonché dagli artt. 17 e 18 della direttiva 93/42, relative alla procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici relativi ai dispositivi medici muniti di marcatura CE.

45 Per contro, la Repubblica ellenica sostiene che i casi menzionati dalla Commissione siano eccezionali e non possano, conseguentemente, costituire un inadempimento.

46 Secondo costante giurisprudenza della Corte, anche se la normativa nazionale vigente è di per sé compatibile con il diritto comunitario, un inadempimento può derivare dall’esistenza di una prassi amministrativa in contrasto con tale diritto (v., segnatamente, sentenze 12 maggio 2005, causa C-278/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3747, punto 13, e 27 aprile 2006, causa C-441/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3449, punto 47).

47 Nella fattispecie, come risulta dalle osservazioni delle parti, il presente ricorso per inadempimento non è volto a mettere in discussione la conformità della trasposizione delle direttive 93/36 e 93/42 da parte della Repubblica ellenica, ma si limita alla questione dell’applicazione di tali disposizioni da parte delle competenti autorità elleniche.

48 La Corte ha dichiarato che, per accertare un inadempimento in base alla prassi amministrativa adottata in uno Stato membro, l’inadempimento può essere dimostrato soltanto mediante una dimostrazione sufficientemente documentata e circostanziata della prassi contestata, occorre che tale prassi amministrativa presenti un certo grado di costanza e di generalità e, per concludere nel senso dell’esistenza di una prassi generale e costante, la Commissione non si può basare su alcuna presunzione (sentenza 7 giugno 2007, causa C?156/04, Commissione/Grecia, Racc. pag. I?4129, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

49 Occorre rilevare, secondo gli elementi degli atti di causa comunicati alla Corte, che i prodotti in oggetto soddisfano i requisiti della norma tecnica della Farmacopea europea e devono essere, per loro natura, acquistati ripetutamente e regolarmente dagli ospedali e, conseguentemente, con un grado di ricorrenza indubbio.

50 Tuttavia, nel corso di gare d’appalto, i dispositivi medici in oggetto sono stati respinti da almeno sedici autorità aggiudicatrici di istituti ospedalieri, tra cui gli ospedali di Komotiní, di Missolungi, di Agios Nikolaos di Creta, di Venizeleio-Pananeio di Candia, Attica, Agios Savvas, Elpis, di Argo, Korgialeneio-Benakeio, Geniko Nosokomeio di Kalamata, di Nauplie, P. & A. Kyriakou, di Sparta, Panakardiko di Tripoli, Elena Venizelou e Asklipieio di Voula.

51 L’elenco degli ospedali menzionati dalla Commissione fa stato di una diversità nelle dimensioni degli stabilimenti, atteso che sono menzionati alcuni dei maggiori ospedali della Grecia, come quelli di Agios Savvas, di Kyriakou e di Asklipieio di Voula, ma anche ospedali di dimensioni medie, come quelli di Argo, di Agios Nikolaos di Creta o di Sparta.

52 Inoltre, tale elenco si riferisce a istituti la cui estensione geografica è diffusa su tutto il territorio con ospedali, in particolare, ad Atene, nel Peloponneso e a Creta, ma concerne anche un ampio ventaglio di aree di specializzazione comprendenti, segnatamente, ospedali policlinici, un ospedale pediatrico, uno oncologico ed uno ostetrico.

53 Pertanto, se ne può dedurre che la prassi amministrativa delle autorità aggiudicatrici di cui è causa, in contrasto con le disposizioni previste dall’art. 8, n. 2, della direttiva 93/36, nonché dagli artt. 17 e 18 della direttiva 93/42, presenta un grado di costanza e di generalità certo.

54 Quando la Commissione ha fornito elementi sufficienti da cui risulti che le autorità di uno Stato membro hanno sviluppato una prassi reiterata e persistente contraria alle disposizioni di una direttiva, spetta a tale Stato membro contestare in modo sostanziale e dettagliato i dati in tal modo forniti nonché le conseguenze che ne derivano (sentenza Commissione/Irlanda, citata, punto 47), il che non si verifica nella fattispecie.

55 Inoltre, dagli atti di causa sottoposti alla Corte risulta che la condotta irregolare delle autorità aggiudicatrici degli istituti ospedalieri ellenici non è stata sufficientemente controllata e sanzionata dalle autorità elleniche competenti. Lo Stato membro convenuto ha solo giustificato il mancato intervento dei propri servizi con la circostanza che il corpo degli ispettori del servizio per la salute e la prevenzione, all’epoca del procedimento, stava ancora conducendo un’inchiesta su tale questione e non aveva concluso il proprio lavoro.

56 Sulla base delle suesposte considerazioni, occorre rilevare che la Repubblica ellenica, avendo respinto le offerte di dispositivi medici recanti la marcatura di conformità CE senza che le competenti autorità aggiudicatrici degli ospedali ellenici si siano conformate alla procedura descritta nella direttiva 93/42, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza dell’art. 8, n. 2, della direttiva 93/36, nonché degli artt. 17 e 18 della direttiva 93/42.

Sulle spese

57 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica ellenica, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1) La Repubblica ellenica, avendo respinto le offerte di dispositivi medici recanti la marcatura di conformità CE senza che le competenti autorità aggiudicatrici degli ospedali ellenici si siano conformate alla procedura descritta nella direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza dell’art. 8, n. 2, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE, nonché degli artt. 17 e 18 della direttiva 93/42, come modificata dal regolamento n. 1882/2003.

2) La Repubblica ellenica è condannata alle spese.

Firme

 

I-38122 TRENTO - Via G. Verdi, 53 - tel. +39-0461-283509 - e-mail. appalti@jus.unitn.it
a cura di prof. Gian Antonio Benacchio e dott. Michele Cozzio