Presentazione
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Attività giurisdizionale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 8103/2006 proposto dallo Studio Ingegneria Cavaliere ed Associati in proprio e quale capogruppo del RTP “RT Norma con capogruppo Studio Ingegneria Cavaliere ed Associati ed altri”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Paccione presso è elettivamente domiciliato in Roma, via Cosseria 2, presso il dott. Alfredo Placidi,
contro
l’ Università degli Studi di Foggia, in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12,
e nei confronti
della società Studio Speri s.r.l. – Società d’Ingegneria, in persona del legale rappresentante p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Arturo Cancrini, Claudio De Portu e Pierluigi Piselli e presso il primo elettivamente domiciliato in Roma, via G. Mercalli 13,
e
delle società Giugiaro Architettura s.r.l. - Società d’Ingegneria, e Engiserv s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., e dell’arch. Emilia Pellegrino, non costituitesi in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di Bari, Sezione I, 27 luglio 2006, n. 2982;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università e della società Studio Speri s.r.l.;
viste le memorie prodotte dall’appellante e dalla società appellata a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
vista l’ordinanza della Sezione 24 ottobre 2006, n. 5564;
relatore, alla pubblica udienza del 25 novembre 2008, il Consigliere Paolo Buonvino;
uditi, per le parti, gli avv.ti Sanino, per delega dell’avv. Paccione, e l’avv. dello Stato Stigliano;
visto il dispositivo n. 47 del 4/2/2009.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
Ritenuto in fatto
1) - Con il ricorso introduttivo di primo grado la società Studio Speri s.r.l. – odierna appellata – ha chiesto l’annullamento del provvedimento con cui la stazione appaltante aveva escluso il costituendo raggruppamento – ad essa facente capo - dalla gara avente ad oggetto l’affidamento della progettazione preliminare e definitiva, servizi professionali accessori alla progettazione, servizi professionali per l’avvio della successiva procedura di appalto integrato e direzione lavori per il recupero edilizio, adeguamento statico ed impiantistico dell’immobile sito in via Arpi, ex Ospedale, sede della facoltà di lettere.
Con il ricorso era anche chiesto l’annullamento di tutti gli atti e provvedimenti e le operazioni della gara in questione, ivi compreso il verbale di gara n. 6 del 20 ottobre 2005 ed il provvedimento di aggiudicazione del servizio in esame, nonché, in parte qua ed in via subordinata, del bando e del Capitolato d’oneri e, quindi, per l’accertamento del diritto delle ricorrenti in primo grado ad essere riammesse al confronto concorrenziale e quindi all’aggiudicazione o, in subordine, per la declsaratorias di illegittimità della legge di gara; era chiesta, infine, la condanna della stazione appaltante a risarcire in forma specifica e quindi ad aggiudicare la gara alle ricorrenti o, in subordine, a risarcire per equivalente il danno subito dalle medesime.
Svolgeva ricorso incidentale in primo grado lo Studio d’Ingegneria oggi appellante, che deduceva l’illegittimità della lex specialis della gara ove da intendersi nel senso che non consentiva l’esclusione di concorrenti versanti nella situazione dell’originaria ricorrente, che avrebbe presentato un’offerta non rispettosa di minimi professionali inderogabili.
 
2) - Il TAR ha accolto il ricorso.
In particolare, hanno osservato, i primi giudici:
 - che l’oggetto dell’appalto era suddiviso, giusta bando di gara, in: a) prestazioni progettuali; b) prestazioni speciali, costituite dal coordinamento per la sicurezza nella fase di progettazione e di esecuzione; c) prestazioni accessorie;
 - che la ricorrente era stata esclusa “in quanto ha offerto un ribasso per le prestazioni speciali, superiori al massimo consentito”;
 - che punto di causa era stabilire se la riduzione dei minimi di tariffa entro il limite massimo del 20% fosse applicabile solo alle prestazioni progettuali (con la conseguenza che le prestazioni speciali non erano soggette a qualsivoglia limite di ribasso, come ritenuto dall’attuale ricorrente), ovvero anche alle prestazioni speciali (come operato dalla stazione appaltante che ha escluso la ricorrente per aver offerto a riguardo il ribasso del 100%);
 - che gli stessi primi giudici hanno condiviso la tesi della ricorrente, giusta la disciplina fornita dalle disposizioni della lex specialis della gara, a mente della quale l’esclusione per ribassi superiori al 20% era prevista solo ed esclusivamente per le prestazioni progettuali e non per le prestazioni speciali;
 - che, invero, l’Università aveva indicato nel bando per prestazioni speciali quelle inerenti il coordinamento per la sicurezza senza accompagnarle dalla prescrizione del limite del ribasso — come effettuato invece per le prestazioni di progettazione - il che aveva determinato un legittimo affidamento che tali prestazioni fossero ribassabili e non soggette al minimo di tariffa;
 - che, inoltre, la stazione appaltante aveva proceduto all’esclusione senza attivare alcun contraddittorio che, quanto meno, si rendeva opportuno, se non necessario, alla luce del principio in materia di appalti consistente nel divieto di esclusione automatica delle offerte sulla base di un criterio matematico;
 - che il ricorso risultava, quindi, fondato, anche perché alcun effetto, ai fini della illegittimità della disposta esclusione, poteva avere la circostanza che nella seduta del 20 ottobre 2005 la Commissione aveva disposto che “per gli onorari di cui alle prestazioni A e B (prestazioni previste dalle normative tariffarie) non è possibile operare un ribasso superiore al 20% (ex lege n. 155/1989) mentre per l’onorario professionale di cui alla prestazione C) essendo le stesse prestazioni non previste dalla normativa (D.M. 4.4.2001 e L. 143/49) è possibile operare un ribasso fino al 100%;
 - che, sempre ad avviso del TAR, la Commissione accomunava, quindi, il limite del ribasso sia per le prestazioni progettuali (lettera A) sia per le prestazioni speciali (lettera B) come indicate in verbale (n. 6) della seduta; ma, così facendo, essa introduceva un ulteriore criterio selettivo (limiti ai ribassi per prestazioni speciali) non previsto dalle disposizioni di gara (bando e capitolato) e, quindi, aveva posto in essere un operato non legittimo perché comportante una indebita integrazione della lex specialis;
 - che (a confutazione, in questo caso, anche del ricorso incidentale con il quale era stata dedotta l’illegittimità del bando e del Capitolato, se interpretati nel senso di escludere limiti al ribasso per le prestazioni speciali) neppure poteva affermarsi che tale integrazione trovava corrispondenza nell’ordinamento, in quanto, ai sensi dell’art. 17 comma 14 quater della legge n. 109 del 1994, le prestazioni speciali non sono da ritenersi assoggettate ai minimi di tariffa (come pure ritenuto dall’Autorità di vigilanza dei lavori pubblici con determina n. 30/2002) la legge n. 109/1994 ed il decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999 attenendo esclusivamente ai corrispettivi per le prestazioni normali e, quindi, a quelli determinati sulla base delle indicate tabelle A) e B) e non anche alle prestazioni speciali e alle prestazioni accessorie.
In definitiva, il TAR, in virtù dell’accoglimento dell’azione impugnatoria, ha statuito che l’amministrazione soccombente era tenuta, nella sua attività conformativa alle statuizioni del giudice, a riammettere in gara la ricorrente e, indi, riprendere i lavori di selezione e valutazione delle varie offerte, ivi compresa quella della ricorrente medesima, per giungere alfine all’aggiudicazione del caso; con il conseguente accoglimento anche dell’azione risarcitoroia quale risarcimento in forma specifica.
 
3) - Per l’appellante – soccombente in primo grado – la sentenza sarebbe erronea e dovrebbe essere riformata in quanto anche le “prestazioni speciali” di cui si tratta costituirebbero minimi inderogabili, con la conseguenza che correttamente la Commissione valutatrice avrebbe escluso dalla gara l’originaria ricorrente.
Si è sotituita in giudizio l’Università intimata.
Si è anche costituita in giudizio la società appellata che insiste per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
Con memoria conclusionale l’appellante ribadisce i propri assunti difensivi.
Con ordinanza 24 ottobre 2006, n. 5564, la Sezione ha respinto l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza appellata.
 
Considerato in diritto
1) - Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso introduttivo di primo grado proposto dalla società Studio Speri s.r.l. – odierna appellata – con il quale era stato chiesto l’annullamento del provvedimento con cui la stazione appaltante aveva escluso il costituendo raggruppamento – ad essa facente capo - dalla gara avente ad oggetto l’affidamento della progettazione preliminare e definitiva, servizi professionali accessori alla progettazione, servizi professionali per l’avvio della successiva procedura di appalto integrato e direzione lavori per il recupero edilizia, adeguamento statico ed impiantistico dell’immobile sito in via Arpi, ex Ospedale, sede della facoltà di lettere.
Giova premettere, in linea di fatto, che, nell’accogliere il ricorso principale di primo grado e nel riammettere la società ricorrente Studio Speri s.r.l. - Società d’Ingegneria - alla gara di cui si tratta (di cui la medesima è, poi, risultata aggiudicataria), il TAR ha ritenuto, anzitutto, la fondatezza del ricorso principale in considerazione del fatto che, in base alla lex specialis della gara, era da escludere che il limite massimo di ribasso del 20% fosse da ritenere applicabile anche alle tariffe professionali relative alle “prestazioni speciali ” (concernenti il coordinamento per la sicurezza nella fase della progettazione, piano di sicurezza e fascicolo, nonché il coordinamento per la sicurezza nella fase dell’esecuzione) e che le stesse fossero, quindi, derogabili, con la conseguenza che non avrebbe potuto essere disposta (al contrario di quanto in concreto operato dalla Commissione valutatrice) l’esclusione dalla gara dell’originaria ricorrente per avere offerto, al riguardo, un ribasso pari al 100%; donde l’illegittimità dell’esclusione dell’offerta della ricorrente medesima.
I primi giudici hanno anche respinto il ricorso incidentale svolto in primo grado dall’odierna appellante, avendo ritenuto che, in effetti, la disciplina di gara (al contrario di quanto ritenuto dalla detta ricorrente incidentale) fosse pienamente conforme alla disciplina di settore, non potendosi ritenere che la tariffe relative alle “prestazioni speciali” fossero configurabili quali minimi professionali inderogabili.
 
2) - Per l’odierna appellante la sentenza impugnata sarebbe erronea in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, le tariffe relative alle “prestazioni speciali” costituirebbero esse pure minimi inderogabili, con la conseguenza che correttamente il seggio di gara avrebbe proceduto all’esclusione dell’originaria ricorrente.
Osserva, al riguardo, la Sezione che, effettivamente, le tariffe in parola rientravano pur esse, in base alla disciplina normativa vigente all’epoca della gara e alla pari delle normali tariffe professionali di ingegneri e architetti, nel quadro dei c.d. minimi inderogabili.
E, invero, ai sensi dell’art. 17, comma 12-ter, della legge n. 109 del 1994, “il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, determina, con proprio decreto, le tabelle dei corrispettivi delle attività che possono essere espletate dai soggetti di cui al comma 1 del presente articolo” (tra i quali, ingegneri e architetti), “tenendo conto delle tariffe previste per le categorie professionali interessate. I corrispettivi sono minimi inderogabili ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340. Ogni patto contrario è nullo. Fino all'emanazione del decreto continua ad applicarsi quanto previsto nel decreto del Ministro della giustizia del 4 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2001” (detto decreto era stato annullato dal TAR del Lazio con sentenza con sentenze 23 luglio 2002, n. 6552, e 8 agosto 2002, n. 7067, ma con l'art. 7, comma 1, ne è stata ribadita la vigenza; e, con ordinanza 25-30 ottobre 2006, n. 352, la Corte costituzionale, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 12-ter anzidetto, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 103 e 113 della Costituzione)., della legge 1° agosto 2002, n. 166
Ciò premesso, va, poi, rilevato che, ai sensi del successivo comma 14-bis dello stesso art. 17, “i corrispettivi delle attività di progettazione sono calcolati, ai fini della determinazione dell'importo da porre a base dell'affidamento, applicando le aliquote che il Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, determina, con proprio decreto, ripartendo in tre aliquote percentuali la somma delle aliquote attualmente fissate, per i livelli di progettazione, dalle tariffe in vigore per i medesimi livelli. Con lo stesso decreto sono rideterminate le tabelle dei corrispettivi a percentuale relativi alle diverse categorie di lavori, anche in relazione ai nuovi oneri finanziari assicurativi, e la percentuale per il pagamento dei corrispettivi per le attività di supporto di cui all'articolo 7, comma 5, nonché le attività del responsabile di progetto e le attività dei coordinatori in materia di sicurezza introdotti dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e che, inoltre, in base al comma 14-ter, “fino all'emanazione del decreto di cui al comma 14-bis, continuano ad applicarsi le tariffe professionali in vigore. Per la progettazione preliminare si applica l'aliquota fissata per il progetto di massima e per il preventivo sommario; per la progettazione definitiva si applica l'aliquota fissata per il progetto esecutivo; per la progettazione esecutiva si applicano le aliquote fissate per il preventivo particolareggiato, per i particolari costruttivi e per i capitolati e i contratti”.”;
Infine, giusta comma 14-quater del ripetuto art. 17, legge n. 109/1994, “i corrispettivi determinati dal decreto di cui al comma 14-bis nonché ai sensi del comma 14-ter del presente articolo, fatto salvo quanto previsto dal comma 12-bis dell'articolo 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155, sono minimi inderogabili ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340. Ogni patto contrario è nullo”. del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65
Ebbene, poiché nella tabella B2 di cui al citato d.m. del 4 aprile 2001 (“onorario relativo alle prestazioni del responsabile e dei coordinatori in materia di sicurezza nei cantieri”), sono espressamente contemplati gli onorari minimi per il “coordinatore per la progettazione” e per il “coordinatore per l’esecuzione”; e poiché, inoltre, ai sensi dell’art. 6 del Capitolato d’oneri relativo alla gara di cui si tratta (“partecipazione alla gara”), la prestazione del servizio messo a concorso era “riservata agli ingegneri ed architetti”, dovrebbe derivarne l’applicabilità del principio di inderogabilità delle tariffe in questione, con la conseguenza che l’esclusione dalla gara stessa dell’originaria ricorrente troverebbe rispondenza nella disciplina normativa ora detta.
 
3) – Ciò premesso, va, peraltro, rilevato che – come osservato dal TAR - la disciplina di gara presentava, a ben vedere, ampi margini di incertezza sul piano interpretativo.
In particolare, essa appariva equivoca quanto al carattere escludente dell’offerta recante un ribasso, relativo alle prestazioni speciali, eccedente rispetto alla percentuale massima del 20% della relativa tariffa professionale di cui al d.m. del 4 aprile 2001; ciò in quanto:
 - il punto c.1) del bando di gara contemplava le “prestazioni progettuali e simili”;
 - il punto c.2) contemplava le “prestazioni speciali” (coordinamento per la sicurezza nella fase della progettazione, piano di sicurezza e fascicolo; coordinamento per la sicurezza nella fase dell’esecuzione);
 - il punto e) del bando stesso prevedeva; “ammontare presumibile del corrispettivo, escluse le prestazioni accessorie, calcolato secondo le tariffe professionali di cui al d.m. 04.04.2001 ed alla legge n. 143/49, IVA al 20% e CNPAIA escluse..................e.4) prestazioni speciali € 99.613,92;
 - alla lettera t) (esclusioni) era previsto che fossero escluse (sub/lett. g) le “offerte di ribasso per prestazioni progettuali superiori al 20%” e (sub/lett. h) tutte le altre cause di esclusione previste nel Capitolato d’oneri; detto capitolato, all’art. 5, riproduceva la lettera e) del bando;
 - giusta art. 10 dello stesso Capitolato d’oneri, la busta C, recante l’offerta economica, avrebbe dovuto contenere: “l’offerta percentuale di ribasso per prestazioni di progettazione preliminare e definitiva di opera pubblica (ribasso max 20%).............; l’offerta percentuale di ribasso sulle prestazioni speciali........; qualora l’offerta per prestazioni di progettazione preliminare e definitiva di Opera pubblica individui una percentuale di ribasso superiore al 20% limite normativamente imposto, detta offerta sarà considerata nulla e pertanto esclusa”.
Sulla base di tali previsioni, contenute nella lex specialis di gara, quindi, l’esclusione era in più punti ricollegata, a ben vedere, soltanto alla presentazione di un offerta con un ribasso eccedente il 20% concernente le sole “prestazioni di progettazione preliminare e definitiva di Opera pubblica”, mentre analoga previsione non era puntualmente contemplata con riguardo alle “prestazioni speciali” di cui si è detto.
Né va dimenticato – in merito alla corretta interpretazione della specifica disciplina di gara - quanto osservato dai primi giudici in merito al fatto che, con determinazione n. 30 del 13 novembre 2002, l’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici si era formalmente espressa nel senso della derogabilità delle tariffe normativamente previste per le prestazioni speciali di cui è causa.
Si tratta, allora, di verificare se, pur in presenza di una disciplina di gara che, di fatto, non prevedeva espressamente l’esclusione di offerte recanti ribassi eccedenti il 20% per le “prestazioni speciali”, avrebbe potuto essere, non di meno, disposta l’esclusione della concorrente che una simile offerta aveva formulato.
Al riguardo, può ricordarsi l’orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio (cfr. Sezione V, 12 ottobre 2004, n. 6572; 15 aprile 2004, n. 2160) secondo cui (in adesione anche all’orientamento della Corte di Cassazione per cui i patti in deroga ai minimi della tariffa professionale sono nulli perché contrari a norme imperative sia per gli ingegneri che per gli architetti - Cass. Civ., Sez. II, 28 giugno 2000, n. 8787), riscontrandosi la nullità di un’offerta basata su minimi tariffari eccedenti il 20% previsto dal comma 12 bis dell'art. 4 del D.L. 2 marzo 1989 n. 65, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155, debbono trarsi le dovute conseguenze in ordine all'esclusione del concorrente che la presenta, rilevando che la violazione di norme inderogabili per legge non richiede neppure una espressa sanzione di esclusione in caso di inosservanza, specie allorché si tratti, come nella specie, di norme di stretta interpretazione (né un’offerta così formulata potrebbe essere “ridotta” d'ufficio per essere ricondotta nei limiti fisiologici, atteso che, in tal modo, si determinerebbe una inammissibile violazione della par condicio dei concorrenti - cfr. Cons. Stato, Sez. V, nn. 6572 e 2160/2004 citt; 26 settembre 2002, n. 4938).
Aderendo acriticamente a tale orientamento, dovrebbe ritenersi che correttamente la Commissione valutatrice abbia escluso dalla gara l’offerta dell’originaria ricorrente e odierna appellata.
 
4) – Sennonché è da chiedersi se, alla luce delle norme e dei principi di fonte comunitaria e della relativa elaborazione giurisprudenziale, possa ritenersi fermo e legittimo, in modo indistinto, il carattere inderogabile delle specifiche tariffe professionali di cui è causa.
Giova, invero, ricordare, al riguardo, che nell’attuale assetto normativo, le tariffe professionali di ingegneri e architetti e, quindi, tra esse, anche le tariffe relative alle “prestazioni speciali” di cui qui si discute, non costituiscono più “minimi inderogabili” (e che a tanto hanno portato, principalmente, i principi liberalizzatori di fonte comunitaria).
Tanto discende, anzitutto, dell’entrata in vigore del c.d. decreto Bersani (decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006, convertito nella legge n. 248 del 4 agosto 2006) a mente del quale (art. 2, comma 1): “in conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali: a) l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti”.
Tale decreto è stato interpretato dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con determinazione 29 marzo 2007, n. 4/2007, nel senso del superamento del principio del carattere inderogabile delle tariffe, all’epoca vigente giusta, da ultimo, quanto previsto dall’art. 92 del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006.
I problemi interpretativi che hanno trovato spazio nella determina ora detta hanno, poi, trovato definitiva soluzione a livello normativo primario.
In particolare, va ricordato che l’art. 92, comma 2, del Codice, nella sua originaria formulazione, era articolato come segue: “il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, determina, con proprio decreto, le tabelle dei corrispettivi delle attività che possono essere espletate dai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 90, tenendo conto delle tariffe previste per le categorie professionali interessate. I corrispettivi sono minimi inderogabili ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340. Ogni patto contrario è nullo”.
L’art. 92 ora detto è stato fatto, peraltro, oggetto di modifica; in particolare, con la lettera u) dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 113 del 31 luglio 2007, dal comma 2 del medesimo art. 92 sono stati espunti il secondo e il terzo periodo e, quindi, proprio le espressioni: “i corrispettivi sono minimi inderogabili ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340”; “ogni patto contrario è nullo”.
Al contempo, il comma 4 dello stesso art. 92 prevedeva che: “i corrispettivi determinati ai sensi del comma 3, fatto salvo quanto previsto dal comma 12- bis dell'articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155, sono minimi inderogabili ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340. Ogni patto contrario è nullo”.
Con la citata lettera u) del comma 1 dell’art. 2 corrispettivi sono determinati ai sensi del comma 3, fatto salvo quanto previsto dal comma 12-bis dell'articolo 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155.” del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65 del d.lgs. 31 luglio 2007, n. 113, il comma 4 è stato modificato come segue: “i
In tal modo è stata fatta salva, in un primo momento, la disciplina di cui all’art. 4, comma 12 bis (introdotto dalla legge di conversione) del citato d.l n. 65/1989, convertito in legge n. 155 del 1989, a mente del quale: “per le prestazioni rese dai professionisti allo Stato e agli altri enti pubblici relativamente alla realizzazione di opere pubbliche o comunque di interesse pubblico, il cui onere è in tutto o in parte a carico dello Stato e degli altri enti pubblici, la riduzione dei minimi di tariffa non può superare il 20 per cento”, con la conseguenza che, per tale rilevante settore è stata fatta salva una disciplina normativa che, a ben vedere, configgeva con la liberalizzazione introdotta dal citato decreto Bersani e dalla modifica introdotta al comma 2 dell’art. 92 del d.lgs. n. 163/2006.
Il comma 12 bis ora detto è stato, peraltro, abrogato dall’art. 2, comma 1, lettera zz),del d.lgs. n. 152 dell’11 settembre 2008, modificativo dell’art. 256 del Codice; al contempo, con la lettera t), n. 4, dello stesso art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 152/2008 è stato abrogato tout court il comma 4 dell’art. 92 del Codice così come vigente nella stesura di cui all’art. 2, comma 1, lettera u), del predetto d.lgs. n. 113 del 2007.
Nell’assetto normativo attuale, in definitiva, le tariffe in questione hanno perduto il carattere dell’inderogabilità, con la conseguenza che sono possibili anche patti contrari rispetto ai valori dalle stesse contemplati, pur potendo rimanere fermo il riferimento alle stesse ai fini della determinazione, da parte della stazione appaltante, del valore dell’appalto.
 
5) - La liberalizzazione così operata dal legislatore (in adesione, come si ripete, ad orientamenti espressi in sede comunitaria) tra il 2006 e il 2008 non era ancora operante, peraltro, al momento dell’indizione e dello svolgimento della procedura concorsuale qui in esame.
Non di meno, è da chiedersi se la disciplina positiva di fonte comunitaria e, in particolare, l’art. 43 (sulla libertà di stabilimento) e l’art. 49 (che tutela la libera prestazione dei servizi) del Trattato, nonché i principi da essa desumibili consentissero l’operatività, in ambito nazionale e con specifico riferimento, per quanto qui interessa, ai settori disciplinati dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, di norme (applicabili all’atto di indizione della gara di cui qui si discute, anche se, successivamente, superate dagli interventi normativi dianzi ricordati) che, come il comma 14-quater dell’art. 17 della legge n. 109 dell’11 febbraio 1994 - in una con le disposizioni in esso richiamate e, in particolare, con il comma 12-bis dell'articolo 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 1989, n. 155l'articolo unico della legge 4 marzo 1958, n. 143, introdotto dall'articolo unico della legge 5 maggio 1976, n. 340, e, quindi, anche della tariffe professionali relative alle “prestazioni speciali” di cui alla presente controversia (quali species di un medesimo genus), di cui alla tabella B2 del decreto del Ministro della giustizia del 4 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2001 (disciplina normativa confermata, nella sua originaria stesura, dall’art. 92 del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, subito dopo oggetto delle modifiche nei termini dianzi precisati, che hanno fatto venire meno, nell’ambito materiale che qui interessa, il principio secondo cui i corrispettivi dovuti per le tariffe professionali in questione sono minimi inderogabili e che eventuali patti in deroga sono affetti da nullità). – prevedevano il carattere inderogabile delle tariffe professionali di ingegneri e architetti di cui al del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65
Il dubbio consegue al fatto (a suo tempo evidenziato dalla Commissione di Bruxelles con apposita nota di messa in mora in data 5 luglio 2005, inviata al Governo Italiano – procedura d’infrazione 2005/4216 ex art. 227 TCE relativa proprio alle tariffe professionali di ingegneri e architetti) che:
 - la tariffa prestabilita potrebbe incidere negativamente sulla concorrenza e sulla libertà tariffaria del prestatore, dal momento che le tariffe sono calcolate in funzione di costi medi, senza tener necessariamente conto delle condizioni specifiche;
 - il divieto di deroga alle tariffe fissate potrebbe rappresentare un grave ostacolo all'esercizio delle attività di professionista in Italia, incidendo sulle possibilità di accedere al mercato;
 - tariffe imposte a livello nazionale potrebbero rivelarsi palesemente contrarie al principio della libera circolazione, in quanto potrebbero imporre a un soggetto obblighi contradditori emanati dall'Ordine del Paese d'origine e da quello italiano.
Nell’occasione, la Commissione osservava anche che le tariffe minime non avrebbero potuto impedire a prestatori poco scrupolosi di offrire servizi di qualità inferiore, ovvero di chiedere onorari eccessivi rispetto alla prestazione fornita.
Giova anche richiamare, poi, quanto dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo affermato nella sentenza  in data 5 dicembre 2006, resa ei procedimenti riuniti C-94/04 e C-202/04.n
In detta sentenza, in particolare, è stato ricordato (con riguardo alle tariffe professionali forensi):
 - al prg. 56, che l'art. 49 del Trattato CE impone non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora tale restrizione si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli di altri Stati membri, quando sia tale da vietare o rendere più difficili le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi;
 - al successivo prg. 57, che la stessa Corte aveva già affermato che l'art. 49 CE osta all'applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l'effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato;
 - al prg. 58, che il divieto di derogare convenzionalmente ai minimi tariffari, come previsto dalla legislazione italiana, poteva rendere più difficile l'accesso degli avvocati stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana al mercato italiano dei servizi legali, ed è in grado quindi di ostacolare l'esercizio delle loro attività di prestazione di servizi in quest'ultimo Stato membro.
Con la conseguenza, in definitiva, ad avviso della Corte, che tale divieto costituisce come una restrizione ai sensi dell'art. 49 CE, in quanto (prg. 59) esso priva gli avvocati stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana della possibilità di fornire, chiedendo onorari inferiori a quelli tariffari, una concorrenza più efficace nei confronti degli avvocati stabiliti permanentemente nello Stato membro in questione, i quali dispongono, per tale ragione, di una maggiore facilità di crearsi una clientela rispetto agli avvocati stabiliti all'estero; e che, allo stesso modo (prg. 60), il divieto citato limita la scelta dei destinatari di servizi in Italia, poiché questi ultimi non possono ricorrere ai servizi di avvocati stabiliti in altri Stati membri che potrebbero offrire in Italia le loro prestazioni ad un prezzo inferiore ai minimi tariffari.
La stessa Corte ha, peraltro affermato, al successivo prg. 61, che un simile divieto può essere giustificato qualora risponda a ragioni imperative di interesse pubblico, purché sia idoneo a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo.
In conclusione, ha deciso la Corte (prg. 70), alla luce di quanto precede, che la quarta e la quinta questione sollevate nella causa C-94/04 si devono risolvere dichiarando che una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa forense, come quella di cui si trattava nella causa principale, per prestazioni di natura giudiziale e riservate agli avvocati costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dall'art. 49 CE; ma che spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi.
 
6) – Ebbene, ritiene il Collegio che la presente controversia debba essere definita sulla base dei principi di fonte comunitaria testé ricordati.
Come si è visto, invero, il bando di gara, in sé considerato, non prevedeva espressamente l’esclusione dalla procedura concorsuale in parola delle imprese che, per le prestazioni speciali, avessero offerto ribassi eccedenti quello del 20%; con la conseguenza che non avrebbe potuto, in base al bando stesso, essere operata l’automatica esclusione della concorrente che avesse offerto un ribasso eccedente tale soglia; e anche a voler ritenere che il bando fosse, al riguardo, ambiguo, ciò non toglie che, in base al principio del favor partecipationis, l’originaria ricorrente non avrebbe potuto, in base al suo tenore letterale, essere legittimamente esclusa dalla gara.
Si tratta, allora, di stabilire se tale esclusione dovesse comunque discendere, o meno, secondo quanto già sopra cennato, dal carattere imperativo della disciplina di settore dianzi richiamata e, in particolare, di verificare se la mancanza di una esplicita norma della disciplina di gara volta a disporre l’esclusione del concorrente in caso di offerta eccedente la ripetuta soglia del 20%, potesse ritenersi conforme all’assetto normativo concernente i minimi tariffari di cui si tratta e il loro connesso carattere inderogabile (a tale ultimo riguardo, si osservi che l’odierna appellante aveva, in primo grado, svolto apposito ricorso incidentale condizionato, volto a censurare il bando di gara nell’ipotesi che lo stesso avesse dovuto essere interpretato nel senso di non contemplare l’esclusione dalla gara di cui si tratta, motivando detto ricorso proprio in relazione al fatto che, in tale ipotesi, il bando medesimo sarebbe stato in contrasto con la disciplina normativa tariffaria in questione).
Ritiene la Sezione che non solo, per le ragioni già dette, il bando non recava una previsione espulsiva siffatta (e, ad ogni buon conto, questa non era chiaramente evincibile dalla lettura della stessa lex specialis della gara), ma che lo stesso non doveva neppure essere interpretato come implicitamente recante una necessaria previsione in tal senso, correlabile al carattere inderogabile della disciplina in parola.
Ciò in quanto la normativa di settore deve essere interpretata in aderenza con l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia nei procedimenti riuniti C-94/04 e C-202/04, dianzi richiamati, nonché in linea con il predetto parere motivato.
Vero che tale sentenza comunitaria si riferisce alle tariffe di un differente settore professionale (quello forense); non di meno, essa reca, in sé, principi direttamente estensibili anche ad altri settori e, in particolare, a quello qui in discussione, attesa la comune finalità pubblicistica che caratterizza, in genere, le tariffe professionali e che, in passato, ha portato, a livello di normativa nazionale, all’affermazione della loro inderogabilità.
Ebbene, se – quanto alle tariffe forensi - spetta al giudice nazionale verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi, è da ritenere, per ciò stesso, che non possa più parlarsi di assoluta inderogabilità delle tariffe medesime, dovendosi reputare rimesso al giudice nazionale, tenuto conto dei principi espressi nella citata sentenza comunitaria, di valutare caso per caso (alla luce, appunto, “delle sue concrete modalità di applicazione”) ed in rapporto, quindi, alle singole fattispecie, se le tariffe dedotte in controversia possano o meno ritenersi in linea con i predetti principi concorrenziali comunitari.
Applicando analoghi principi alla presente controversia, instaurata in un momento successivo rispetto a quello di radicazione degli anzidetti giudizi innanzi alla Corte di Giustizia, è dato ritenere (nell’esercizio dei poteri riconosciuti dal giudice comunitario a quello nazionale) che, in considerazione dei caratteri della stessa, non sia criticabile la determinazione della stazione appaltante di non tenere conto, nella lex specialis della gara, del carattere inderogabile delle tariffe relative alle “prestazioni speciali” di cui si discute e che un differente orientamento sarebbe da ritenere sproporzionato rispetto agli obiettivi di buona amministrazione e di tutela dell’interesse pubblico che potrebbero giustificarlo.
Ciò in quanto si tratta di prestazioni cui si correlano tariffe che non solo l’Autorità di Vigilanza ha, a suo tempo, ritenuto – come si è visto – derogabili (ciò che, già di per se, sembra costituire indice – nella valutazione di detta Autorità - di un carattere non proporzionato del principio di inderogabilità delle tariffe stesse) e che, di lì a poco, lo stesso legislatore, aderendo agli orientamenti comunitari, ha ritenuto, parimenti, derogabili (senza che, nel frattempo, fossero mutati i presupposti di operatività delle tariffe stesse), ma che, nell’economia complessiva della specifica procedura concorsuale di cui si tratta, non risultano avere assunto rilievo determinante, ben avendo potuto il concorrente modulare in termini ragionevoli la propria offerta, rinunciando a parte dei possibili compensi correlati a detti, specifici oneri, l’offerta, nel suo insieme, essendo risultata tale da garantire non solo l’espletamento pieno del servizio messo a concorso, ma anche sufficienti margini di utile per l’imprenditore (con il conseguente carattere sproporzionato e privo di concreta utilità di tariffe rigide, non corrispondenti ai reali costi concernenti il servizio in questione); al riguardo è da notare come, nel rinnovare le operazioni di gara successivamente alla pronuncia del TAR (e successivo rigetto, da parte della Sezione, dell’istanza cautelare volta a sospendere l’efficacia della sentenza stessa), non siano emersi, evidentemente, elementi atti a far ritenere l’offerta dell’originaria ricorrente (poi risultata aggiudicataria a seguito della riapertura della gara) oggettivamente carente o manifestamente anomala in relazione ai profili ora detti; donde, in definitiva, l’illegittimità del provvedimento di esclusione dalla gara impugnato in primo grado dall’originaria ricorrente e odierna appellata.
 
7) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.
In considerazione della natura delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate tra le parti le spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione sesta, respinge l’appello in epigrafe.
            Spese del grado compensate.
            Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 novembre 2008 e, in prosieguo, in quella del 3 febbraio 2009, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, con l'intervento dei Signori:
CLAUDIO VARRONE                          Presidente
PAOLO BUONVINO                             Consigliere est.
ALDO SCOLA                                        Consigliere
ROBERTO GAROFOLI                        Consigliere
ROBERTO GIOVAGNOLI                    Consigliere
 
Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere                                                                           Segretario
PAOLO BUONVINO                                             GLAUCO SIMONINI
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/03/2009
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
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a cura di prof. Gian Antonio Benacchio e dott. Michele Cozzio